di Maria Grazia Mancuso*
Tanta gente intorno. Serve a ben poco. La solitudine è sempre lì. Onnipresente. Devastante.
Fasi maniacali. Ossessione. Ansia. Depressione. Crisi isteriche. Rabbia. Allucinazioni. Cambia l'umore. Esaltazione. Eccitazione. Euforia. Iperattività. Abuso di farmaci.
In altre parole, disturbo bipolare.
Difficile accoglierlo nella propria vita. Difficile affrontarlo. Difficile conviverci. Ci vuole coraggio. Lui ne ha. Gianni D., ventisettenne di Napoli. Disturbo bipolare con depressione ricorrente.
«Ho sempre condotto una vita al top. Se così posso definirla - comincia a raccontare -. Ottenevo successo in qualsiasi cosa facessi. Il mio primo lavoro è stato a soli quindici anni. Trasportavo mobili», dichiara con nostalgia.
Un ragazzo brillante. Promette bene. «Col passare degli anni, sono stato assunto in una libreria a Port'Alba. Zona partenopea, rinomata in ambito letterario. Lo stipendio era alto. Provvedevo così alle spese universitarie».
Ebbene sì, Gianni frequenta la facoltà di legge alla "Federico II" . Dopo due anni il trasferimento all'università "Parthenope". «Studiare mi piace. Ho la media del 28 agli esami. Sono molto ambizioso. Il mio obiettivo è riuscire nei miei intenti. Costi quel che costi», afferma fiero di sé.
Estroverso. Il leader della comitiva. «Mi relazionavo molto. Avevo tantissimi amici. Ero io a organizzare feste e serate nelle discoteche». Insomma, come si suol dire, no Gianni no party.
«Avevo anche una fidanzata. Sentimento forte il nostro. Ci amavamo. Non mi mancava nulla», esclama.
Gioventù da favola. Infanzia da incubo. «La mia infanzia non è stata una delle migliori. Mia madre soffriva di bipolarismo. Ricordo giorni in cui stava davvero male. Fu traumatico per me. Le stetti accanto. Le diedi tutta la mia forza, nonostante fossi soltanto un bambino».
Dieci gennaio 2009. Un qualcosa di inaspettato è dietro l'angolo. «Io e la mia ex dell'epoca decidemmo di compiere un viaggio a Madrid, in Spagna. Città agognata. Ho sempre desiderato andarci - continua -. Ma una volta arrivato, la voglia di visitare la capitale spagnola venne meno. Improvvisamente mi ritrovai senza motivazioni. Tuttavia, fui sollecitato dalla mia compagna. Esplorai Madrid con mente assente».
Ritorno a Napoli. La situazione peggiora. «Certo, mi capitava di stare un po' sottotono. Stavolta era diverso. Mia madre oramai esperta ebbe dei sospetti. Passarono alcuni giorni. Sprofondai in una terribile depressione», dice.
Inizia l'inferno. Pensieri ripetitivi. Ossessioni. Ansia continua. Pigrizia eccessiva. Irascibiltà. Rari i giorni di vitalità, di contentezza. «Soffrivo maledettamente. Divenni apatico. In alcuni momenti desideravo la morte. Pareva essere l'unico rimedio - continua -. Decisi di sottopormi a cure mediche. Volevo conoscere la causa del mio malessere», dichiara con fermezza.
Visite. Analisi. Nessuna risposta. Punto e a capo. «Psichiatri e psicologi non riuscivano a scoprire cosa avessi. Semplice depressione, dicevano. Mi prescrivevano antidepressivi e ansiolitici. Mentre io mi abbattevo giorno dopo giorno. Quella non era una banale depressione. Ne ero sicuro».
«Nel frattempo, la mia storia d'amore si stava trasformando in un'amicizia. La sofferenza personale non permetteva di andare avanti. Così, dopo tre anni di passione, lasciai la mia ragazza», spiega tristemente.
Anno 2013. Gli accertamenti sanitari lo conducono nella clinica psichiatrica "Hermitage" di Capodimonte. «Il buio totale. L'esperienza peggiore che abbia mai avuto. Vedevo quotidianamente persone con seri problemi mentali. Scene agghiaccianti. Volevo scappare da lì».
Mese di luglio. Avviene il ricovero effettivo. Le ore scorrono. Cartella clinica pronta. Finalmente si sa il vero risultato. «Sfortuna volle che non venissi a conoscenza della diagnosi. Tuttora non so il perché. Un altro buco nell'acqua», racconta.
Prognosi tardiva. Bisogna attendere la primavera di tre anni successivi. Aprile 2016. «Un medico dell'Hermitage mi convocò. Notizia tanto attesa. Ero malato di disturbo bipolare con depressione ricorrente. Il cancro dell'anima, lo definisco. Finalmente il mio nemico aveva un nome. Lo stesso nemico di mia mamma. Adesso era lei a dare sostegno a me. Da quel momento il nostro legame si è unito. E' forte. Una catena di ferro che nessuno può spezzare», dice soddisfatto.
Paradossale. Gianni si sente sollevato. Il suo disturbo psichico è stato svelato. Ora sa a cosa deve guardare dritto negli occhi. Ora sa chi sfidare. Sa come combattere. E guerra sia.
«In sette anni di agonia non mi sono arreso. Mai. Piccoli e insignificanti gesti di vita quotidiana risultavano pesanti. Non importava. Li facevo. Devo ringraziare la mia ambizione. Il mio orgoglio». Già, il ventisettenne ha grinta da vendere. Fare l'impossibile. Questo è il motto. «Ho provato di tutto per ritrovare la strada della felicità. Le medicine erano molto efficaci. Non bastavano. Spesso ho trovato conforto anche nella fede in Dio». Inoltre, ha tentato. Cosa che la maggior parte dei bipolari non fa. «Ho cercato di lavorare comunque. Per un breve periodo ho lavorato come cameriere notturno in una discoteca della mia amata città».
Ritorniamo indietro nel tempo. 2011. La sorella minore di Gianni diventa maggiorenne. Grande festa. Regali costosi. Uno specialmente. Una macchina fotografica, una reflex della Nikon. «Come al solito ero giù di morale. Però in quel tumulto di gente, un solo particolare mi colpì. Il che era strano. Da tempo che non provavo emozioni. La reflex mi incuriosì», narra con entusiasmo.
Il compleanno dei diciotto anni della sorella è stato rilevante. «Presi dimestichezza con la macchina fotografica. Effettuavo foto in continuazione. Fotografare scacciava i cattivi pensieri dalla mia mente. Con la Nikon tra le mani, non mi sentivo malato. Altro che antidepressivi. Questa è stata la mia vera terapia».
Un genio. Ha imparato in fretta le arti del fotografare. Tutto da solo. Ammirevole per un bipolare. «Ricordo che un giorno scovai su internet un annuncio di un locale di Napoli. Veniva richiesto un fotografo di eventi. Mi presentai al provino. Avevo paura in quanto dilettante. Prova impeccabile. Fui assunto», sentenzia orgoglioso.
Il bipolarismo ha fatto sì che Gianni perdesse molti amicizie. La società odierna è ostile verso il dissimile. «Ne ho sofferto. Vuol dire che non erano veri amici. Solo tre cari compagni mi hanno accettato. Ciononostante, ho ancora voglia di amare. Ho uno spirito guerriero. Spirito che lotta costantemente contro il mio disturbo - continua -. Spirito armato di voce. Una vocina interiore che mi dice: "E' tutto un'illusione. Non hai la forza? Fammi vedere. Sfidati". Ho veramente un grande dono. Se non avessi avuto il disturbo bipolare, a quest'ora non sarei stato motivato a raggiungere la felicità. Chissà».
Costretto ad assumere dieci pillole giornaliere. «Assumo tre antidepressivi, tre ansiolitici, tre stabilizzatori di umore e un antipsicotico. Posso garantire che mi alleviano», dichiara.
Attualmente, Gianni insegue la sua passione per la fotografia. «Ho fatto domanda in una prestigiosa accademia di fotografi. Solo dodici i posti disponibili. Io ce l'ho fatta».
E' impegnato anche nel sociale. «Sono il fotografo ufficiale di un'associazione culturale il cui scopo è aiutare chi soffre di distrofia muscolare. La beneficenza mi riempie il cuore».
«Il mio futuro è ancora incerto. Probabilmente il disturbo bipolare potrà farmi sentire peggio. Non mi perderò d'animo, ovvio». Malgrado l'incertezza nell'avvenire, Gianni progetta di conseguire la laurea in giurisprudenza.
Gli chiedo di rivolgersi a quanti soffrono della sua stessa patologia. E lui conclude: «A tutti i lettori bipolari. Ragazzi, noi non siamo la malattia. E' la malattia a essersi impossessata della nostra psiche. Il bipolarsimo è il cancro dell'anima. Ti logora. Ti uccide. Ma noi possiamo sconfiggerlo. Dobbiamo. Fate come me. Io ci sto riuscendo. Trovate quelle cose che vi fanno stare bene e tenetevele strette. Io ho la fotografia. Sono convinto che noi abbiamo quel tocco in più. Abbiamo una spiccata sensibilità creativa. Utilizziamolo questo nostro asso nella manica. Ci sono persone col disturbo bipolare che hanno cambiato il mondo. Basti pensare a Einstein, Beethoven, Bukowski, Michelangelo. Perciò ricordate. Noi bipolari siamo speciali».
*Studentessa del corso di giornalismo di Ottopagine organizzato nell'ambito dell'iniziativa scuola/lavoro