La festa, il concerto di Hunt e l'omaggio al socio del boss

E' accaduto a Trentola. La notizia riportata dal Fatto Quotidiano. Ma a farci riflettere è altro.

Nel centro commerciale sotto osservazione lavorano mille e 500 dipendenti. Sarebbero stati scelti dal boss Zagaria. Un potere clientelare enorme. Altro che vecchia Dc.

di Luciano Trapanese

Metti un mega centro commerciale in odore di camorra in provincia di Caserta. Una festa che si svolge proprio lì. Aggiungi un cantante salernitano sulla cresta dell'onda, come Rocco Hunt (coinvolto suo malgrado). E metti infine il presentatore del concerto che ad un certo punto non riesce a trattenere un sentito ringraziamento all'imprenditore che ha fatto crescere quella struttura, il 57enne Alessandro Falco, agli arresti per camorra. Ebbene, metti tutto questo insieme, shakera perbene. E la frittata – non il cocktail - è fatta.

L'ennesimo omaggio alla malavita organizzata.

La notizia è riportata – con grande evidenza - da Il Fatto Quotidiano. E lo ammettiamo: non ci scuote più di tanto.

Ci fanno più impressione le soste con inchino davanti alle case dei boss durante le feste religiose.

Quello che ci colpisce di questa storia è altro.

Il centro commerciale in questione è il Jambo. Si trova a Trentola Ducenta, comune che è stato sciolto per infiltrazione mafiosa l'undici maggio scorso. Secondo gli inquirenti, il socio di maggioranza del centro – che ha un valore complessivo di 25 milioni – sarebbe di fatto il super boss Michele Zagaria. Fondato da Vincenzo Falco, il padre di Alessandro, negli anni '90, il Jumbo sarebbe poi cresciuto grazie agli ingenti investimenti della malavita organizzata. Tutto questo è naturalmente al vaglio della magistratura.

Quello che fa pensare è altro. Tra addetti e indotto nel centro lavorano mille e 500 persone. Imposte in larga parte proprio dal boss. Una operazione clientelare da far sbiancare anche il più potente leader democristiano della prima Repubblica. E che segnala – in modo evidente – il potere, la considerazione e l'influenza che certi personaggi riescono ad avere in zone dove la camorra da stracciona è diventata imprenditrice. Nel Casertano più che altrove. Ma non sono lì: in Campania e anche in altre regioni. Soprattutto nel Lazio e in in una parte rilevante del settentrione.

Ora che si voglia “omaggiare” l'imprenditore in cella – seppur colluso, come sostengono gli inquirenti -, perché ha contribuito a creare migliaia di posti di lavoro, ha anche una sua perversa logica. Il punto è – se si ritiene valida la ricostruzione della magistratura – che quell'omaggio, per estensione, non può che rivolgersi anche a Michele Zagaria, il padrino dei Casalesi, e uno dei boss più pericolosi della Penisola (dove avrebbe anche una certa concorrenza).

La questione inevitabile è anche un'altra. Questa economia alternativa, che si regge sul denaro sporco, e che di fatto distrugge le attività commerciali sane, quelle che si sostengono solo con le loro forze, ebbene, questa economia, quanti posti di lavoro assicura in Campania? Quanta gente è stata assunta più o meno consapevolmente in aziende sostenute dalla malavita organizzata?

Non conosciamo il numero, ma immaginiamo tante. Un tessuto economico completamente drogato. E dove ad andare bene sono proprio quelle imprese che non hanno – e per ovvi motivi – nessun problema di liquidità. Possono cioè tranquillamente fare a meno delle banche.

Una economia “inquinante” che comunque assicura lavoro e stipendi. E che proprio per questo risulta ancora più difficile da scardinare e sradicare. Discorso ben diverso, rispetto alle bande e alle banducole che insanguinano Napoli. Lì si contendono piazze di spaccio. Altrove, come nel casertano (e non solo), investe e di fatto gestisce il futuro di centinaia di migliaia di persone. Tutte dipendenti. Loro malgrado.