di Luciano Trapanese
Musulmani in chiesa per pregare accanto ai cristiani. Sarà l'evento mediatico di domani. E andrà in scena in Francia, dopo i fatti di Rouen, e in diverse città italiane. Sulla stampa internazionale è tutto un lodare l'iniziativa. Sui social – che rappresentano la pancia ma anche gli umori degli italiani -, il risultato è molto diverso. C'è un drastico no. Declinato con motivazioni diverse. Ma inesorabile.
Una contrapposizione secca. Non semplice da analizzare.
Ora, escludendo il dibattito davvero stucchevole tra buonisti e cattivisti (e basta!), il no si articola tra chi ritiene che «comunque i musulmani non si integreranno mai» e chi invece – un bel po' di post -, reclama la laicità del nostro Stato e dell'Europa intera, e ritiene queste preghiere “comunitarie” una non soluzione. Anzi – paradossalmente –, avvalorano la tesi della guerra di religione: da una parte l'occidente cristiano, e dall'altra una consistente fetta dell'islamismo radicale (salafita e wahabita). Una sorta di autogol. O anche, una operazione di marketing di origine papalina: dal confronto/scontro con l'Islam si immagina di risvegliare le anime dormienti di tanti cristiani. Anime votate da tempo all'ateismo, all'agnosticismo o a una fredda laicità che preclude preghiere, messe cantate, rosari e non concede alcun valore al peccato.
Ma se da una parte si invitano i musulmani in chiesa, dall'altra si immaginano barricate contro la costruzione di una moschea. Non accade solo a Milano, ma anche qui da noi. A Eboli per la precisione. In località Bivio Santa Cecilia. In zona abitano 11mila immigrati. Cinquemila sono musulmani. Hanno chiesto di aprire un nuovo luogo di culto. Da 700 posti: sarebbe una delle moschee più grandi d'Italia. Pagherebbero sull'unghia 600mila euro. La reazione di residenti e amministratori? Non se ne parla proprio. Il clima è teso. E molto. Senza dimenticare che da queste parti è stato arrestato un algerino: nei suoi confronti il sospetto di aver avuto un ruolo nella strage del Bataclan.
E quindi: le autorità cattoliche invitano i musulmani a messa (domani vedremo da quanti è stato accolto l'invito), i media internazionali intonano osanna (ci vuole...) all'iniziativa, i cittadini non sono per niente convinti. O meglio: c'è chi ritiene il tutto un inutile show e chi pensa che sia l'ennesimo attentato alle conquiste della nostra laicità. Nel frattempo intere comunità sono pronte alle barricate per evitare la costruzione di altre moschee.
Come dire: nella confusione si fa altro caos.
E' una situazione delicata. Dove le diverse ragioni si accavallano nascondendo il filo logico a qualsiasi discorso, anche quello più meditato.
Tra i due estremismi (affondate i barconi e accogliamoli tutti), non c'è una posizione mediana. Di buon senso. Ma una miriade di opinioni in palese contrasto una con l'altra. E comunque nessuna credibile soluzione. Uno scontro all'arma bianca tra più fazioni contrapposte, ma all'orizzonte manca una qualsiasi strategia. Anche a medio, lungo termine.
Sulla questione l'Europa tace. Ma si è molto attivata per salvare le banche. Dando voce e ragioni a quanti vedono nell'Ue una unione tra finanze e non tra popoli. I governi nazionali passano allegramente dall'isteria («Siamo in guerra»), all'inazione («Diremo, vedremo, faremo»). Mentre tutt'intorno il clima si avvelena. Ed è proprio in questo clima che la messa mista (cristiani/musulmani), sembra un pannicello caldo. Una trovata mediatica che ci regalerà belle foto, emozionanti interviste, servizi tv toccanti, ma in realtà non significherà molto altro.