Il sogno americano da ottobre parlerà campano. Parte infatti l'Accademy Apple alla Federico II di Napoli. Il progetto mira a lanciare i futuri programmatori di domani. Potranno accedere in duecento, basta avere un diploma e meno di trent'anni.
Ma cosa significa esattamente quest'investimento per i giovani campani?
Partiamo dalle polemiche. L'attacco più duro lanciato dai detrattori all'iniziativa della Mela: il progetto non garantisce che a fine corso ci saranno degli assunti. Fermarsi a quest'ovvietà significa guardare al mondo del lavoro con i paradigmi e i paraocchi del passato.
Proprio la formazione pratica offerta da questa scuola, dimostra il desiderio di divulgare una cultura imprenditoriale basata in primo luogo sulla valorizzazione dell'idea e della creatività. Bene immateriale che rappresenta la ricchezza più grande di ogni paese. Purché non la si faccia scappare via. Fuga di cervelli, do you remember?
Senza scomodare l'arcinoto esempio degli hippy che in garage costruiscono il futuro, alla base della cultura americana c'è proprio il sogno e la capacità di coltivarlo. Imparando a capire una legge fondamentale del mercato: quella del bisogno che di fatto detta l'offerta e spinge il progresso.
Non è il lavoro che manca, ma il lavoro che cambia. L'innovazione tecnologica che galoppa prorompente. Oggi è un'epoca di miracoli quotidiani. Pensiamo alle stampanti 3d capaci di edificare appartamenti in meno di cinque ore, o addirittura protesi mediche ultra-specializzate. C'è chi a Singapore si fabbrica le mani fatte in casa.
Questo significa che spariranno i medici e gli architetti? Assolutamente no.
Ma non potranno continuare a svolgere il loro mestiere come hanno sempre fatto, avvalendosi delle sole nozioni apprese. Serviranno altre competenze, un' altra capacità di mettere la propria creatività a servizio di una tecnologia differente. Bisogna spostare la bussola dall'equazione tradizionale: più lavoro più guadagno. Ora si premia la capacità di aumentare la qualità e l'incisività dei propri servizi e quindi il relativo valore. Prendiamo come esempio una delle classi più bistrattate dall'economia moderna: i professori. Notoriamente sottopagati rispetto alla funzione svolta: formare i cittadini di domani.
Quindi, se il vostro sogno è insegnare, sarete costretti ad essere sottopagati a vita? Sgomitando per un posto traballante nella giungla del precariato? Anche qui la risposta è no. Purché ci si sappia guardare intorno.
E nemmeno troppo lontano.
Qualche anno fa, il quotidiano “La Repubblica”; realizzò uno stupendo documentario di approfondimento sui prof italiani che insegnano su youtube. Ragazzi trentenni, che parlano di filosofia e grammatica italiana sul web. Materie solitamente considerate noiose, eppure, guardando i loro dati sul portale, sono tanti a non pensarla così.
Oltre 32mila iscritti a canale, per la felicità di questi neo prof 2.0 zero che guadagnano migliaia di euro, stando comodamente seduti a casa, e raggiungendo un numero di studenti di molto superiore rispetto a quelli con i quali un professore tradizionale può sperare di interagire in una vita intera. L'investimento necessario? Una connessione internet (venticinque euro), una telecamera o persino un cellulare (settanta euro), un programma di montaggio (niente di astruso, ne esistono di estremamente intuitivi e gratis), e il gioco è fatto.
Certo, poi serve costanza e impegno, come in ogni attività della vita. Ore e ore ad aggiornarsi per capire come divulgare e migliorare continuamente i propri servizi. Come ogni settore produttivo, anche la rete è iper-competitiva e livellata verso l'alto. I migliori restano, chi non si aggiorna è perduto.
Il pensare differente, è un altro tratto distintivo delle industrie americane, da sempre. Non era infatti soltanto Steve Jobs (fondatore dell'Apple), a guardare le cose da un'altra prospettiva. Si pensi ad Henry Ford, quando immaginava per prima l'auto per ogni famiglia. Ma anche lo stesso Olivetti quando con le sue macchine da scrivere anticipava l'avvento del pc.
Tutto parte dalla curiosità e dalla capacità di farsi le domande giuste. Quindici anni fa nessuno aveva idea di cosa fosse uno smartphone. Però, c'era chi si guardava intorno. E capiva che le relazioni fra le persone negli spazi stavano mutando. Si riducevano gli archivi di memoria che diventavano nuvole invisibili di dati (hube) e la comunicazione grazie alla rete stava diventando più rapida ed endemica, mutava forma. Non più verticale, focalizzata sull'approfondimento dettagliato, ma orizzontale.
Il fruitore medio balza da una fonte all'altra per trovare ciò che cerca. Spizzica più che consumare. Tutto questo ha portato alla nascita di uno strumento che fosse la rappresentazione visibile di leggerezza, potenza, affidabilità: ed è nato lo smartphone.
Le domande giuste. sono le stesse da millenni. Quelle che guidavano gli esploratori in cerca di terre differenti e più ricche. Sia che voi insegnate o siate amanti della cucina, il discorso non cambia: tutto parte dal desiderio di migliorare quello che fate raggiungendo più persone possibili ed offrendo il servizio di maggiore qualità.
Questo è il messaggio di speranza trasmesso dal progetto Apple. Un'opportunità che fa passare in secondo piano anche le polemiche. Non è più tempo di lamentele. Il futuro sta bussando, anche in Campania.
Andrea Fantucchio