Saviano, roba da scongiuri: il Sud è Gomorra. Ed è morto

Non perde occasione per raccontare la sua disperante visione.

E se il figlio di De Luca diventa assessore, tutti devono partire. Rutta la regione è come Scampìa o Casal di Principe. Ignorando quanti con coraggio qui stanno costruendo o costruiranno il loro futuro.

 

di Luciano Trapanese

Che viviamo tempi difficili è chiaro a tutti. Ma che i soliti parolai del catastrofismo approfittino di ogni spiffero per vestire i panni dei profeti di sventura lascia sempre più interdetti. Il campione dei guru “del Sud è morto” è di sicuro il gomorroico scrittore di Casal di Principe, Roberto Saviano. Il principe del pessimismo totale, il fine dicitore del “non c'è più niente da fare”, che condisce le sue puntuali esternazioni con il solito profluvio di affermazioni scontate, demagogia a basso costo e soluzioni zero.

Nel post che definisce De Luca Caligola e il figlio un cavallo, conclude con il consueto appello ai giovani del Sud: andate via. Non si sa dove, a far cosa e in quale mondo paradisiaco.

Ora, non ci interessa discutere delle caligolate (ma ci chiediamo: davvero qualcuno pensa che la macchina elettorale del governatore, capace di far eleggere con un plebiscito un sindaco “transitorio”, avrebbe avuto difficoltà a raccogliere i voti necessari per far entrare in consiglio Roberto De Luca?). Sulla questione – comunque - si può essere d'accordo o meno, ogni posizione ha il suo perché.

Il punto è un altro. Ed è stato messo in risalto in un post su Facebook – nonostante tutto estremamente cordiale – anche dal paesologo Franco Arminio: per quale oscuro motivo il cantore dell'anticamorra deve sempre concludere i suoi interventi con l'orazione funebre su un Sud (e la Campania in particolare), non più agonizzante ma già defunto e pronto alla sepoltura?

Una visione nera, che serve forse ad alimentare la sua bulimia mediatica. E che combacia con l'immagine gomorroide dell'intera regione. Abbiamo letto con interesse il suo primo romanzo (romanzo, appunto), e seguiamo da aficionados la fiction tv (fiction, appunto). Raccontano entrambi, in modo verosimile, una fetta di realtà, un pezzo della Campania. Non tutta, naturalmente. O davvero vogliamo credere che tutta Napoli, tutta Caserta (per non parlare delle altre province della regione), siano territori dove nulla si muove se la camorra non vuole?

O, per tornare alla caligolata, bisogna scappare dal Sud perché in Veneto o in Lombardia, familismo e corruzione, sono parole sconosciute?

Generalizzare, semplificare, fare una bella impastata di tutto, consente all'oracolo casalese di pronunciare sentenze definitive, frasi ad affetto, conclusioni nazionalpopolari. Ma siamo davvero sicuri che la Campania sia tutta come lui la immagina?

Certo, in alcune zone la camorra è padrona. Certo, le clientele e la corruzione sono state una costante per buona parte della politica regionale. Non sono novità, non serve il Saviano di turno a ricordarlo in ogni dove.

Ma è anche certo che tanti campani si sono tirati su le maniche e hanno costruito qui il loro futuro. E altrettanti giovani stanno cercando di farlo ora. Nonostante tutto.

Dovrebbero partire tutti? Fare le valigie perché Roberto De Luca è stato nominato (e non eletto), assessore comunale a Salerno?

Ah già, quella nomina è emblematica per Saviano. Racconta l'andazzo. Se non sei figlio di, non puoi fare niente. Non c'è altra strada, abbassare la testa e scappare. Così magari il pianto greco dello scrittore sotto scorta sarà più efficace quando dovrà decantare il sud desertificato.

Non abbiamo nulla contro Saviano. Nessun pregiudizio. Ha avuto il merito di raccontare al mondo un pezzo di realtà. Ma ora, sulla base di quel successo, e dalla prospettiva che parte dal quel pezzo di realtà, impartisce al globo una triste disperante visione. E la somministra con sconcertante puntualità. Questa terra non ha bisogno di prefiche addolorate, né di intempestivi funerali. Ma di tramutare in forza positiva le mille energie che la animano. Ogni giorno, spesso in silenzio. Senza starnazzare sentenze di morte su social e giornali.