“Quando mi hanno chiamato ho subito pensato che era arrivato il mio momento. Ho provato un orgoglio duplice, da medico e militare".
Gennaro Iliano , 29 anni di Pomigliano d’Arco in provincia di Napoli, è un capitano medico dell'Esercito del Reggimento “Nizza Cavalleria” di Bellinzago Novarese ed è uno dei medici militari in prima linea per dare il suo contributo nell'emergenza Coronavirus. Da 10 giorni è in servizio all'ospedale di Alessandria dei Santi Antonio e Biagio, nel cuore della crisi, tra i comuni più colpiti dal Coronavirus. Fronteggiare l’emergenza dimostrando il coraggio e dedizione di un militare, ma al contempo con l’approccio di un medico, che presta soccorso ai malati. Capitano Medico dell’Esercito Iliano racconta i momenti più difficili nel fronteggiare l’emergenza Sanitaria.
Dottore, innanzitutto qual è il contributo dei medici ufficiali nella lotta al Covid-19?
"In questa emergenza, per dare sollievo ai colleghi civili in piena allerta, in questa situazione di carenza di personale per la grande richiesta di assistenza sanitaria, stiamo prestando servizio, per dare aiuto, sollievo e ossigeno ai sanitari."
E' drammatico il numero di sanitari, medici e infermieri, che si stanno ammalando…
"Per questo siamo arrivati anche noi. In realtà si sta lavorando in situazioni di emergenza per due problematiche. Il primo aspetto è quello del grande accesso di casi conclamati o sospetti Covid-19 negli ospedali. Il secondo aspetto è proprio quello dei medici e infermieri rimasti contagiati nel prestare soccorso e assistenza. Per questo siamo arrivati noi, con i nostri uomini e donne, per dare sostituzione a chi non poteva lavorare. Siamo impegnati anche nelle Rsa e nelle guardie mediche, perché nessun presidio su suolo italiano sia sguarnito".
Cosa ha pensato quando l’hanno chiamata?
"Quando mi è arrivata quella chiamata ho provato un duplice orgoglio quello di militare e quello di medico .Ho pensato di poter essere in trincea nella mia doppia veste".
Cosa ha pensato quando si è trovato di fronte un malato Covid?
"Ho capito che bisogna prestare assistenza sanitaria, ma anche psicologica. Oltre i numeri ci sono delle persone. Questa tipologia di malato si affida in maniera assoluta al medico. Noi, certo, siamo bardati da testa a piedi, ma cerchiamo di guardarli negli occhi e di dare vicinanza, in maniera umana. Siamo tutti in prima linea per dare il massimo. Proviamo a trasferire, infondere fiducia".
Il momento più criticoche ha vissuto?
"Ho vissuto molti momenti critici. Forse il momento che mi porterò sempre dentro è stato quando abbiamo deciso di intubare un paziente grave. Aveva qualche anno in meno del mio papà. Lo ammetto mi sono immedesimato. Ho pensato che poteva essere il padre di ognuno di noi".
E’ stato impegnato in altre missioni all’estero?
Sì in territorio Turco e ai confini con la Siria.
Qual è la differenza tra le missioni e questa lotta al Covid?
Più che differenze ci sono delle similitudini. Pur essendo situazioni diverse, sono entrambe emergenze in situazioni che si conoscono poco. In questo caso però lavoriamo in emergenza per la nostra popolazione, la nostra gente. Anche se devo ammettere che ricevere un sorriso un grazie è sempre bellissimo, anche all’estero. Il valore umano è sempre pregnante, in ogni missione.