di Luciano Trapanese
Si pensa ancora a scavare petrolio in Campania, proprio mentre la strada delle energie rinnovabili fa un passo avanti importante in Italia, con la nascita dell'associazione Elettricità Futura (fusione di Asso Elettrica e Asso Rinnovabili): una convergenza che è unica in Europa. E che mette insieme i produttori tradizionali e quelli del mondo delle rinnovabili.
Un percorso che è stato favorito da due aspetti: il peso rilevante raggiunto dalle rinnovabili elettriche (40 per cento), e le nuove strategie energetiche dell'Enel.
Un risultato significativo. In linea con quanto sta accadendo nel continente, con la produzione fossile dell'energia che va lentamente, ma inevitabilmente riducendosi (l'Inghilterra rinuncerà al “suo” carbone nel 2025, la Norvegia - ricca di greggio -, metterà da parte il petrolio in una ventina d'anni, la Germania percorre da tempo e con convinzione la strada delle rinnovabili).
Insomma, non si guarda più al passato. Nonostante Trump. Il presidente Usa ha rimesso al centro petrolio e carbone. Disposto la possibilità di trivellare un po' ovunque, anche nei parchi marini, sconfessato del tutto le teorie sui cambiamenti climatici e si appresta a fare carta straccia degli accordi di Parigi.
Ma – come detto – l'Europa guarda altrove.
Qualcosa comunque dovrebbe cambiare in Italia per affrontare con slancio questa fase. Prima di tutto, le semplificazioni. A partire dal revamping degli impianti eolici e fotovoltaici con nuove e più efficienti tecnologie (che possono ridurre di molto anche l'impatto paesaggistico).
Ma non solo. Sarebbe importante anche favorire l'autoproduzione da rinnovabili, riducendo – come dice Ermete Realacci – gli oneri di sistema per cittadini, imprese e comunità. Senza squilibrare la rete, ma innovandola e puntando sulle smart grid (rete elettrica dotata di sensori intelligenti che raccolgono informazioni in tempo reale ottimizzando la distribuzione di energia).
Sul superamento delle fonti fossili sono tutti d'accordo. Ma bisogna anche superare le resistenze a prescindere. Quel no assoluto a impianti fotovoltaici, eolici, geotermici e biogas. Impianti – sia chiaro – ai quali bisogna garantire procedure trasparenti e attente all'ambiente.
Detto questo il percorso sembrerebbe chiaro. E capace di condurre l'Italia verso l'indipendenza energetica (risultato fondamentale per il prossimo futuro), e la riduzione drastica di emissioni inquinanti. Se si aggiunge che il mercato delle auto elettriche è destinato solo a crescere, il quadro potrebbe essere solo positivo.
Ma poi accade altro. Che ci riporta indietro. In quella terra nera delle estrazioni petrolifere. Nel disastro della Basilicata e che si sta cercando di estendere anche in Campania. In particolare nel Vallo di Diano (mentre le mire in Irpinia e nel Sannio restano sempre sospese).
In questo momento la Commissione europea si sta occupando della richiesta di permesso per la ricerca petrolifera “Monte Cavallo”, che interessa decine di comuni tra la provincia di Salerno e quella di Potenza (nello specifico i comuni di Atena Lucana, Montesano, Padula, Polla, Sala Consilina, Sant'Arsenio, Sassano, Teggiano, Brienza, Marsico Nuovo, Paterno e Tramutola). Il permesso petrolifero è stato chiesto dalla Shell.
L'Ue sta ora valutando una serie di interrogativi sull'iter autorizzativo, tutti presentati dall'europarlamtare dei 5Stelle, Piernicola Pedicini. E che riguardano in particolare la tutela e la conservazione degli habitat naturali dei territori interessati.
Pedicini ha fatto presente alla Commissione europea che gran parte d quelle aree sono inserite nel Sito di interesse comunitario (Sic) "Monti della Maddalena", che comprende quattro habitat di interesse comunitario e varie specie faunistiche fra cui il picchio nero, il nibbio bruno, anfibi come il cervone e mammiferi come il rinolofolo minore.
Alla luce di questo, l'eurodeputato pentastellato aveva evidenziato alla Commissione Ue come «l'indagine geofisica che si vorrebbe effettuare e l'eventuale sfruttamento di risorse fossili, sia assolutamente in contrasto con la direttiva europea 92/43/Cee che si prefigge di mantenere in uno stato di conservazione soddisfacente gli habitat naturali dei Siti d'interesse comunitario».
Insomma da una parte si guarda avanti, oltre le risorse fossili. E anche con un certo ottimismo. Dall'altro si volge lo sguardo al passato, ignorando gli interessi di interi territori e quella devastazione ambientale che ha messo in ginocchio l'intera Lucania. Paradossi energetici.