Svastiche e saluti romani, quando la curva è fascista

Piccolo viaggio tra gli ultrà e la politica. Gli stadi seguono l'onda della destra estrema.

Alcune tifoserie sono ancora legate alla sinistra comunista. Altre – per ora – restano lontane da ideologie politiche.

di Pellegrino Iannone*

La connessione tra tifoserie e politica soprattutto nel mondo del calcio, è un fenomeno piuttosto rilevante, che negli ultimi anni sta dilagando in maniera molto evidente. Soprattutto in alcuni club.

La connotazione estremista, sia di destra che di sinistra, è la caratteristica più evidente della politicizzazione delle curve. Si manifesta nei cori, negli striscioni, nei simboli e nei personaggi utilizzati. Tra tutte la croce celtica o la svastica. Ma anche figure come Stalin, Hitler o Mussolini.

Da ricordare che la legge 41/07 vieta chiaramente qualsiasi messaggio o simbolo politico sugli striscioni. Motivo (tra gli altri)? Evitare scontri tra gruppi di ideologie contrapposte.

Ma serve a poco. Ancora una volta le sanzioni delle istituzioni sportive sono state spesso leggere e inefficaci.

Il Rapporto annuale dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive sulla violenza negli stadi, ha decretato che delle 128 squadre di calcio, tra Serie A, Serie B e Serie C, 27 tifoserie sono orientate verso posizioni politiche di destra e 15 di sinistra.

Altre curve, come Milan, Bologna, Brescia Perugia, risultano essere miste, con gruppi di destra e altri di sinistra. Le altre tifoserie vengono classificate come ‘’apolitiche’’.

Livorno-Triestina e le foibe di Tito: il 24 febbraio 2002, in una partita dell’allora Serie C1, i tifosi amaranto espongono uno striscione eloquente: ‘’Tito ce l’ha insegnato, la foibe non è reato’’.

Il riferimento è alla tragedia che coinvolse molti italiani, soprattutto triestini e istriani, rinchiusi e uccisi nelle foibe dai comunisti di Tito.

Lo striscione sventola liberamente per tutti i novanta minuti, e la sanzione è di appena 7.500 euro a carico della società toscana, mentre gli autori dell’opera sono rimasti impuniti.

Il Livorno e la capitale: ‘’Roma è fascista’’. Il 29 gennaio 2006, proprio i livornesi si ritrovarono bersagli delle ‘’manifestazioni politiche’’ di alcuni romanisti. In un Olimpico da anni trenta, i sostenitori amaranto vengono accolti da svastiche e croci celtiche, in mezzo alle quali spicca lo striscione ‘’Lazio-Livorno, stessa iniziale, stesso forno’’.

Un mix letale di antisemitismo e rievocazione nazi-fascista che procura alla Roma solo una giornata di squalifica del campo.

Quello che si vive il 10 aprile 2005 all’Olimpico contro la Lazio è invece agghiacciante. I tifosi biancocelesti, forse aspettavano quel momento da una vita, infatti dopo il ricordo di papa Giovanni Paolo II appena scomparso, il resto della partita è tutto un fiorire di cori e striscioni dai connotati innegabilmente fascisti. Le scritte ‘’Roma è fascista’’, ‘’Boia chi molla’’ e ‘’Me ne frego’’, insieme al grido ‘’Duce Duce’’ partorito dalla curva laziale, fanno rabbrividire e scatenano ovvie polemiche.

Intanto, i livornesi rispondono intonando ‘’Bandiera Rossa’’ e Bella ciao’’, come risposta agli ultras bianco-celesti. Altro momento molto delicato, risale al 6 gennaio 2014, e vede ancor una volta come protagonisti gli ultras laziali, che per buona parte della partita intonano il coro ‘’Avanti ragazzi di Buda’’ , monopolio assoluto della destra più o meno estrema.

*Studente del Vivaio di Ottopagine, il corso di giornalismo multimediale organizzato nell'ambito dell'iniziativa scuola lavoro