La mia matrigna è stata un incubo. Ma mi ha reso più forte

La storia di Nello. La morte della madre e la nuova moglie del padre.

A quattro anno ho scelto le zie. Una vita difficile, dedicata all'arte. Poi il Parkinson. «Ma non mi arrendo, anche la malattia ha lati positivi». Il suo sogno? Scrivere un libro.

di Vittoria Marcucci*

«Quando avevo tre anni mia madre è morta. Dopo cinque mesi mio padre si è risposato. In quel momento il mio incubo è cominciato».
La madre di Nello è morta di parto, insieme al bambino che portava in grembo. A tre anni e mezzo si è ritrovato in casa una nuova donna che avrebbe sostituito sua madre, una donna che Nello ricorda come un’orribile strega, che ha incantato il povero padre, un uomo disperato, «una persona debole, di carattere schivo. Era buono, ma succube della sua nuova moglie - spiega Nello -. Vivere con lei non è stato facile.»
La nuova “madre” non lo trattava bene, non provava affetto nei suoi confronti, non si rendeva contro che fosse un bambino.

«Nella nostra casa a Napoli avevamo un pollaio. Una sera, quando avevo quattro anni, la mia matrigna pretendeva che qualcuno andasse a prendere le uova delle galline: nessuno l’aveva fatto ancora. Era buio, pioveva molto e il nostro quartiere non era illuminato, eppure a lei questo non importava, dovevo andare io a prenderle. Non potevo ribattere, allora mi infilai un cappello e uscii. Arrivai al pollaio, presi le uova e tenendole tra le mie piccole mani di bambino mi avviai per tornare a casa. Inciampai. Caddi a terra, le uova si ruppero sotto di me. Tornai a casa dalla mia matrigne a mani vuote» .

La punizione di Nello? Passare la notte nel pollaio. Al buio, al freddo, a soli quattro anni.
Nel giro di poco tempo, i familiari iniziarono a capire che questa nuova donna non fosse un bene per i bambini, allora Nello e la sorella di cinque anni vennero portati a casa delle zie, in una masseria. Dopo non molto, il padre decise però di andare da loro per riportarli a casa sua.

«Mia sorella cedette, le mancava il padre. La nostra matrigna di certo non l’amava, ma le serviva, era la sua piccola Cenerentola, per questo la trattava meglio di quanto potesse trattare me. Io non volevo tornare a vivere con lei. Ero piccolo, ma avevo un carattere forte. A quattro anni già non volevo che mi vedessero piangere, già capivo che di tornare in quella casa non fosse opportuno. E allora mio padre andò via con mia sorella, e io restai con le zie. Da solo».
Crescendo, avendo vissuto la privazione degli affetti, Nello ha deciso di rifugiarsi nell’arte, nella scrittura, nella musica, grande compagnia e consolazione.

«Altro mio grande amico è stato il mare di Napoli. Per me rappresentava tutto quello che volevo raggiungere, e tutte le sofferenze che avevo patito».

Nello ha 54 anni, e cinque anni fa la vita ha deciso di colpirlo ancora una volta.

«Ho scoperto di avere il morbo di Parkinson, una malattia neurodegenerativa».

Vicino la masseria in cui Nello era andato a vivere con le zie, vi erano terreni in cui si faceva largo uso di un particolare pesticida, il Vapam. Per far capire la pericolosità di questo prodotto, basta dire che appartiene alla stessa famiglia del Napalm, utilizzato per la creazione delle bombe incendiarie nella guerra in Vietnam.
«Ovviamente, una volta scoperto il morbo ho fatto delle ricerche per capire da cosa fosse derivato. Sono venuto a sapere che poteva essere causato anche dal frequente contatto con prodotti chimici come il Vapam. Io ne ho respirato tanto, per anni, inconsapevole di quanto fosse dannoso. Oggi a causa sua mi ritrovo con una malattia come il Parkinson.» Per scappare da un male, Nello si è rifugiato in un posto dove ha trovato solo altro male.
«Accettarlo non è stato semplice. Ci sono stati alti, e ci sono stati bassi. Ci sono stati momenti di debolezza e smarrimento dove volevo rinunciare a tutto, momenti in cui la mia delusione era così grande che non pensavo valesse la pena continuare a lottare. Eppure mi sono sempre rialzato, come sono sempre stato abituato a fare. Alcuni studi dicono che i primi sette anni della vita di una persona sono quelli che la plasmano, che ne determinano il carattere: io fin da piccolo ho lottato e mi sono ribellato, lo faccio tuttora. Impiego tutte le mie energie in ciò che trovo giusto, in ciò in cui credo. È da quando sono ragazzo che ho degli ideali ben precisi e li sostengo fino alla fine. Certo, sono cresciuto e col tempo sono diventato più disilluso, ma ancora cerco di lottare per aiutare il prossimo. Immagino una realtà che potrebbe essere diversa, migliore, e cerco di raggiungerla».

Nello reagisce, e ancora una volta trova consolazione nella bellezza dell’arte, «è il mio antidoto contro il pessimismo», afferma.
«Penso che anche nel dolore, nella privazione, non bisogna trascurarsi, sotto nessun aspetto. Non stando bene con sé stessi non si potrà stare mai bene nemmeno con gli altri. Credo che ci sia sempre qualcosa per cui vada la pena vivere. Ho questa tendenza, quando le cose appaiono buie, a proiettare il bene sul male, il bello sul brutto.
Sembra paradossale, ma sono arrivato addirittura a vedere dei lati positivi nel Parkinson. È una malattia che colpisce una parte del cervello molto affascinante e misteriosa, che crea difficoltà nel muovere gli arti ma allo stesso tempo aumenta la considerazione del bello: amplifica i sensi, fa apprezzare di più le cose. Ora apprezzo di più la vita e la sua arte, la vedo sotto una nuova ottica.
Un grande esempio per me è stato il cardinale Carlo Maria Martini. Anche lui era affetto da Parkinson, gli causava molti problemi e all’accanimento terapeutico preferì lasciarsi morire. Nonostante la malattia ha provato a vivere normalmente, cogliendo sempre gli aspetti positivi della vita. Riteneva che da quando aveva il Parkinson apprezzava ancora di più Mozart, proprio per il discorso dei sensi amplificati».

Oggi Nello ha una famiglia e si sente riscattato: «Mio padre è morto qualche anno fa, la sua seconda moglie è ancora viva. Non mi ha mai chiesto scusa per quello che mi ha fatto. Il nostro è un rapporto formale, ci sentiamo raramente, a Natale e a Pasqua per farci gli auguri, per esempio. Nonostante tutto, io non mi sento più arrabbiato con lei, ho superato quella situazione. La mia vita oggi non è facile, ma cerco di affrontarla con coraggio. Oppongo il bianco al nero e tiro avanti, ho degli obbiettivi e cerco di perseguirli. Il mio più grande sogno è scrivere un libro, mi impegnerò per renderlo realtà. Sono felice, questo è quello che conta»

*Studentessa del Vivaio di Ottopagine, la scuola di giornalismo multimediale organizzata da Ottopagine nell'ambito dell'iniziativa scuola/lavoro)