Non siamo il Sud che piange. Da Libero insulti razzisti

Il quotidiano irride il “Piagnisteo napoletano”. E attacca sui furbetti. Ma sono anche al Nord.

Riemergono antichi pregiudizi. Nonostante la narrazione tutto orgoglio e muscoli di De Luca e de Magistris. Per molti settentrionali siamo sempre gli stessi: assistiti e parassiti...

di Luciano Trapanese

Da «Lacrime napulitane», la famosa canzone scritta nel 1925 da Libero Bovio, a «Piagnisteo napoletano», l'infelice titolo di un altro Libero. Il quotidiano.

Il passo non solo è enorme, ma mette in mostra tutta una serie di stereotipi anti meridionali, che hanno un solo intento: colpire Napoli e i napoletani. E con Napoli l'intera Campania e il resto del Sud.

L'occasione è ghiotta. I furbetti del cartellino scoperti al Loreto Mare. In associazione alle proteste per l'arbitraggio di Juventus – Napoli. Con l'aggiunta dell'ennesima figuraccia del Pd partenopeo: quella sul tesseramento taroccato.

Mettere insieme fatti così diversi tra loro, per ritracciare ancora una volta (che noia!), lo stesso identico disegno di Napoli e del Sud, a beneficio di lettori settentrionali che non hanno mai smesso antichi pregiudizi, è una operazione di ottusa disonestà intellettuale.

Ma davvero c'è chi pensa che il Sud – e Napoli che per buona parte lo rappresenta – sia tutto un frignare, con la mano tesa, aspettando la pioggia assistenzialista?

A prescindere che rispetto a quella “pioggia” siamo da decenni in piena siccità. Ma voi, sì, voi che ci state leggendo, prima o al termine di una dura giornata di lavoro, o dopo aver cercato disperatamente un'occupazione, o lavorando quasi gratis, oppure ancora, voi che un lavoro non lo cercate più dopo aver ricevuto troppe porte in faccia, davvero – dicevamo -, vi sentite parte integrante di quello che i giornalisti di Libero ritengono «il fascinoso piagnisteo che avvolge Napoli»?

Su Napoli e sui meridionali non siamo mai stati teneri. Siamo noi stessi i censori dei nostri difetti. Li conosciamo. Fin troppo bene. Ma la rappresentazione di un popolo piagnone, intento a celebrare la propria perenne lamentazione, è ormai più che datata. E' preistorica.

Roba da anni '60. Al più da Lega Nord prima maniera, quella che si esaltava associando Napoli al colera e i napoletani alla puzza. O anche tutto il sud alla parola parassiti. E naturalmente lamentosi.

Non è più così. Forse non è mai stato così. E da decenni. Ma ora, proprio ora che la narrazione di Napoli e della Campania è affidata a due personaggi “muscolari”, tracimanti di orgoglio sudista e ottimismo, quella rappresentazione è molto più che un falso. De Magistris e De Luca, al netto delle critiche che pure suscitano alcune scelte amministrative, di certo non sono ascrivibili alla Napoli che fu. Quella che – per citare l'articolo di Libero – chiagn' e fott'.

Qui non piange più nessuno. Male si stava, male si sta. Forse solo un po' peggio. Il concerto del lamento perenne arriva da altre zone, il Nord in particolare, che – evidentemente – non era abituato ai disagi economici.

Qui, dal profondo meridione, i ragazzi non piangono. Al limite partono. E gli imprenditori non hanno la mano tesa, al limite chiudono le aziende. E chi lavora, lavora con serietà.

Poi ci sono i furbetti del cartellino. E chi lo nega? Ma quelli sono ovunque. Le indagini coinvolgono l'intero Paese. Il tipo che timbrava in mutande era a Sanremo o a Roccarainola?

A leggere certi titoli cresce l'amara convinzione che quel razzismo antimeridionale sia sopito per un solo motivo: ora al Nord hanno altri nemici, gli immigrati africani, i musulmani e i rom. Noi abbiamo scalato la classifica... Ma i vecchi pregiudizi restano intatti. E ogni tanto escono fuori.

Raccontatelo a Salvini. L'undici marzo sarà a Napoli. Ma di questo parleremo tra poco...