di Luciano Trapanese
Capita di tutto sui social. Si insultano donne, gay, bambini, persone che si sono suicidate, anche qualcuno che ha avuto la fortuna di salvarsi dalla slavina assassina nell'Hotel Rigopiano. Un corollario di offese infamanti, insulti, ripetute gogne pubbliche che ben conoscete.
Ora è nata un'altra moda. Quella di rovinare la reputazione di ristoranti e locali. Il sistema? Semplice: finte recensioni di massa. Naturalmente tutte negative. Pessime oltre ogni limite. E tutte inventate di sana pianta. Scritte così, per creare un danno (grave), e poi riderci sopra.
Il Codacons, proprio per questo, ha deciso di denunciare Facebook. O meglio, appoggerà una class action di ristoratori ed esercenti contro il popolare social network.
Sulla rete sono nati gruppi ad hoc. Hanno un solo scopo: inondare di commenti negativi hotel, ristoranti, b&b. Le vittime vengono scelte in modo del tutto casuale. Ma non si esclude che in qualche caso, l'ondata di post offensivi sia stata sollecitata da qualche concorrente.
Giochi molto sporchi, in ogni caso.
Il Codacons sta raccogliendo materiale su questi gruppi, sui loro amministratori e sugli iscritti. Poi presenterà una denuncia alla procura di Roma e alla polizia postale. Sotto accusa anche Facebook, che sarebbe inadempiente per la mancanza di vigilanza e controllo sui reati commessi sul social network (anzi, grazie al social network).
L'offesa, il dileggio, la cattiveria gratuita, stanno diventando un problema sui social e in particolare su Facebook (che è il più diffuso). L'esigenza di una vigilanza, o almeno la possibilità di perseguire chi impunemente danneggia o diffama aziende o persone inizia a diventare un'urgenza.
Non ci piacciono le regole e gli steccati, ma sempre più spesso si supera il limite non del semplice buon senso o dell'educazione, ma quello della decenza. Sfociando inevitabilmente nel reato penale.
E le campagne diffamatorie, soprattutto contro persone che spesso non possono difendersi (molti hanno già dimenticato la tragedia di Tiziana Cantone), sono molto più che intollerabili. Sono un reato da perseguire. Anche con l'aiuto di Facebook (che non può limitarsi a dire: non siamo responsabili di quello che scrivono gli utenti).