Sono partiti da questa convinzione: una pornostar può essere molestata. Fa parte del suo mestiere. Anzi – hanno pensato – facciamo di più: la notte di Natale postiamo su Facebook il suo numero di telefono e invitiamo tutti a «sfondarla di telefonate».
La pornostar in questione è la napoletana Valentina Nappi. Regina dei social, della comunicazione diretta con i fan. E con una discreta reputazione di “intellettuale alternativa”. Pubblica con costanza articoli sulla rivista di politica e filosofia, Micromega.
Il numero di telefono è stato postato sulla pagina lpmolestie. Un nome, un programma. L'attrice ha segnalato a Facebook la grave violazione della privacy. Ha ottenuto la chiusura della pagina. Ma – chissà perché – è stata anche bannata per un mese dal social network.
Siamo alle solite, purtroppo. Il social utilizzato come una clava per mettere alla gogna chiunque.
La Nappi è stata – com'è ovvio – immediatamente tempestata di chiamate e messaggi. Irripetibili. La parola meno offensiva è stata “cagna”.
Ha denunciato i gestori di quella pagina. Per tutta risposta le hanno detto «ma ti abbiamo fatto un piacere».
Siamo ai limiti dell'incredibile. Qualcuno s'era illuso che la drammatica fine di Tiziana Cantone potesse aver insegnato qualcosa. Evidentemente non è così.
Qualche giorno fa abbiamo raccontato l'episodio di un uomo che si è ucciso dopo aver annunciato la sua decisione su Facebook. E la sua bacheca si è presto riempita di insulti e sberleffi. Uno schifo.
Ora nel mirino una pornostar (ma i casi, lo sapete bene sono tantissimi...). Qualcuno ha anche aggiunto: ma se fai l'attrice hard perché pretendi la privacy? Che è come dire: se fai quel mestiere devi essere sempre, comunque e ovunque a disposizione di tutti. E quindi è normale rendere pubblico il tuo numero di telefono.
Una logica malata. Che appartiene a molti. Si sentono – chiaro – anche autorizzati a insultare chiunque. Dalla donna in carne, all'uomo in difficoltà. Facendo ironia anche sulle tragedie (chi li dimentica gli olè a ogni barcone carico di immigrati affondato in mare...).
Servono leggi severe. E non per tutelare solo attrici o personaggi dello spettacolo. Ma chiunque. Perché chiunque può diventare vittima. Basta poco. Anche un paio di deficienti.