di Luciano Trapanese
Lei è una mamma di 46 anni. Divorziata e con due figli. Il marito non le versa gli alimenti. Pur di pagare – a suo dire – bollette e cartelle di Equitalia ha accettato di girare un film porno amatoriale. Nella sua abitazione.
Risultato: i giudici del tribunale dei Minori le hanno tolto i figli, perché «l'uso della casa coniugale per girare filmati pornografici rappresenta un pregiudizio gravissimo alla dignità morale dei ragazzi».
Un caso che fa discutere. E che divide l'opinione pubblica.
C'è chi la difende: prendetevela con il marito. O con Equitalia. C'è chi fa molto peggio, ma nessuno tocca i figli.
C'è chi l'accusa: ci sono tanti modi per guadagnarsi da vivere. Pensava davvero di risolvere così i suoi problemi economici?
E la terza strada: ma se pure doveva fare quel video, perché girarlo a casa sua?
Una storia emblematica. Che ne racconta altre. E' comunque una storia da Paese in crisi. Affamato dal lavoro zero e dalle tasse a mille. Da leggi che non si rispettano (il contributo del padre per crescere i figli). E dallo sdoganamento del sesso come merce di scambio.
La vicenda – che si è verificata a Brescia e non nel profondo e poverissimo Sud -, è arrivata agli onori della cronaca solo per la dura decisione dei giudici. Ma quante altre si consumano in silenzio. Quante mamme fanno scelte simili, estreme, degradanti, pur di assicurare il necessario alla loro famiglia?
Numeri, è chiaro, non ne esistono. Anche se donne italiane che decidono di diventare escort (fa più fine di prostituta), sono in costante aumento. Ci sono siti specializzati (con bacheche piene di nomi, foto, messaggerie per fissare appuntamenti). E pagine su pagine in rete prodighe di consigli per chi vuole intraprendere la strada dell'antico mestiere.
Non siamo moralisti, ci mancherebbe. E ognuno può fare del suo corpo quello che vuole. Ma se – come sembra – la crescita di donne che decidono di mettersi in vendita per il piacere altrui è legata a questioni strettamente economiche e di pura necessità, beh, allora il discorso cambia. Radicalmente.
Le mamme prostitute per sopravvivere ci riportano indietro. E di tanto. Al primo dopo guerra.
Possibile che lo sfascio di questo Paese abbia ricondotto parte della popolazione al periodo più difficile della nostra storia recente? Al vendersi per sopravvivere?
O – invece – non si riesce a fare i conti con una realtà che è cambiata, forse per sempre, e che non ci consente più di essere perennemente parte della festa del consumismo più sfrenato?
Nel primo caso la scelta della mamma porno se pure non si può giustificare in toto, appare comunque – in un certo senso - comprensibile. Nel secondo, molto meno.
Non abbiamo elementi per capire la drammaticità della sua situazione. Di certo altre mamme in condizioni disperate ci sono. Soprattutto al Sud. Qualcuna avrà anche fatto quella scelta estrema (così da spiegare l'aumento delle escort italiane). Ma tante si sono tirate su le maniche, hanno ridotto le spese, cambiato lo stile di vita, e vanno avanti. Senza essere costrette ad abbassare la testa.
Ha certo avuto un ruolo – come detto – anche la modificata sensibilità comune rispetto al sesso. L'idea di peccato è evaporata da tempo. Ed è diventata meno devastante la condanna sociale (anche se le gogne social ci dicono il contrario).
Del resto la ricorderete l'intervista al padre di una delle ragazze del bunga bunga di Arcore: «Mia figlia alle feste hard con Berlusconi? Che male c'è: è una opportunità». Detto da un padre suona decisamente peggio della scelta di una madre divorziata di 46 anni. Che magari non ha avuto la forza di trovare strade alternative al porno e ha percorso l'unico sentiero possibile in quel momento.
Ma resta in sospeso una domanda: hanno fatto bene i giudici a toglierle i figli?