Quel Natale feroce. Tra Facebook, droghe e disturbi bipolari

Le feste silenziose di chi non ce la fa. Oltre l'idillio la solitudine, i social, la noia.

Di tanti ragazzi. Ma non solo. C'è la festa, ma c'è anche molto altro. Che non deve e non può essere dimenticato. Nemmeno a Natale. Soprattutto a Natale.

Ah, il Natale. Quel magico periodo in cui tutti sono più felici e di buonumore. Passi più tempo con la famiglia. Mangi e scherzi con gli amici di una vita. Fai pace con i nemici. Tutto sembra migliorare. Sarà per i regali o per tutti quei dolci, o per le luci, gli alberi, i concerti in piazza, la neve e il camino, fatto sta che la vita prende colore.

Eccolo qui, il tradizionale quadretto idilliaco che ci caliamo sugli occhi ogni anno. Magra illusione che questo Natale sia meno deprimente del precedente. Non vi è nuovo, vero? Solito copione da film natalizio, con babbo natale, famiglia felice e amore incondizionato. In realtà, questa non è affatto una festa felice, “la festa delle feste”. Almeno non per tutti. Certo, ci sono anche persone che la amano e si divertono, ma si tratta perlopiù di chi è felice anche il resto dell’anno.

Ma chi invece per i restanti 364 giorni vive in solitudine? Il Natale diventa un un sadico demone. Dopo averti fatto annusare l’allegria altrui si diverte a tormentarti. Ti abbandona, nudo davanti ad uno specchio, a ricordarti quanto tu sia solo e inetto. Non è un bel periodo per il senzatetto che dorme in auto, al freddo, la vigilia di Natale (guarda). Idem per chi è lontano da casa o per chi ha tagliato i contatti con il mondo. Peggio ancora per chi soffre di disturbi alimentari, costretto dalle circostanze a mangiare veleno, o per chi, a causa delle sue fobie, non sopporta di stare in ambienti affollati, di scambiarsi baci bavosi, abbracci stritolanti e finti sorrisi.

Se di fronte agli altri tutti si costringono, volenti o nolenti, a fingere di divertirsi o di essere a proprio agio, o quanto meno a sopportare i parenti, sui social la situazione cambia. Lì si è “tutelati”, forse capiti. Nascosti dietro uno schermo, molti esprimono il proprio disagio al mondo, senza paura di venire emarginati. Ci si mostra per quel che si è, e ci si rende conto di non essere gli unici alieni ad odiare il Natale, anzi.

Spuntano in continuazione pagine e pagine Facebook, gruppi chiusi e comunità in cui ci si riunisce per parlare del suicidio e della depressione. Questo con un certo sarcasmo e leggerezza. La maggior parte di chi li frequenta ne approfitta per una risata o al massimo per una breve riflessione, ma una percentuale di questi prende sul serio immagini e post, facendoli propri. Inconsciamente, chi ha già una mente fragile, leggendo determinate battute e sfoghi, si deprime ancora di più. Ed ecco che il Natale diventa tetro e passivo.

Saltano all’occhio non solo i memes, ma anche alcuni post di ragazzi e ragazze che sembrano aver perso la voglia di vivere. Hanno solo 20 anni o poco più. Di norma, ci si lamenta per il clima fetido delle riunioni familiari, intrise di ipocrisia e falso interessamento. Molti i giovani che non hanno nemmeno questo privilegio. Foto su foto di cenoni solitari improvvisati. Chi passa la vigilia chiuso in casa, con pane, formaggio e Dario Argento. Chi si nasconde sotto il piumone, anestetizzato da alcolici e droghette di dubbia provenienza. O si guarda un film, o si scorrono ossessivamente le bacheche dei social. Qui, si spiano con invidia le vite degli altri, occupati a brindare e a passeggiare tra i mercatini del corso. Oppure, si cerca un misero conforto tra i propri ‘fratelli di depressione’, scovando online qualcuno più solo di noi.

Si prova così a giustificare la propria condizione di asocialità cronica. C’è il ragazzino che si sente a pezzi perché nessuno gli ha fatto gli auguri, o quello appena lasciatosi bruscamente con la ragazza, o quella che in uno scoppio d’ira ha mandato al diavolo tutti e ora annega i rimorsi nello spumante.

Eccone un’altra. Femmina, 18 anni. Cacciata di casa il giorno di Natale. Non è nemmeno una giovane come le altre. Soffre di un disturbo borderline di personalità, e per non farsi mancare proprio nulla anche di quello schizofrenico-paranoide. Adesso vaga per le strade della sua città, e grida aiuto in uno dei suoi tanti post. “Non so cosa potrei fare in questa situazione, mi rendo conto di essere instabile”.

Tanti, troppi quelli bisognosi di supporto. Magari anche solo un amico o un regalo da niente, una chiacchierata con la cuginetta o una fetta di torta divisa con la persona amata aiuterebbe.

Per voi, miei cari, è preclusa la possibilità di essere felici, nemmeno oggi. Basterebbe poco per rendere questa festa serena per tutti, e invece no.

Ignoriamo pure l’altra faccia delle feste. Accontentiamoci di dare risalto solo ai nostri presepi, candele e sorrisi, fregandocene di chi sta male ogni giorno, tanto gli psichiatri possono ricevere dal 26 in poi.

Per fortuna, qualche associazione che si occupa dei più sfortunati è attiva anche nei festivi, come la Caritas e numeri verdi simili al Telefono Azzurro. Tuttavia, la sensibilizzazione non è mai abbastanza. Forse per i pregiudizi, forse per egoismo, spesso ignoriamo l’altro. Ma sì, scartiamo questo pandoro e non pensiamoci più, che tanto al posto di uvette e canditi ha psicofarmaci in compressine.

Che bella festa il Natale, vero?

Anita Vena

(studentessa del Vivaio di Ottopagine, il corso multimediale di giornalismo organizzato nell'ambito dell'iniziativa scuola lavoro)