di Luciano Trapanese
Gli hanno detto: non prenderete mai la pensione. Hanno aggiunto: questo Paese è finito. E continuato: vanno avanti sempre gli stessi. Per concludere: vivrete peggio dei vostri genitori. E, dulcis in fundo, un ministro (Padoa Schioppa), li definisce bamboccioni. E un altro – il diversamente ministro Poletti -, rincara la dose: sono andati via? L'Italia non soffrirà per non averli più tra i piedi.
I giovani schiaffeggiati e umiliati. Costretti a non credere in questo Paese. Invitati a fare le valigie. E sa fanno le valigie pure presi in giro.
Un disastro. Abbandonati di fatto dalla politica. Ridotti a figurine intercambiabili in un mercato del lavoro votato alla perenne precarietà sottopagata. Istruzione a pezzi. L'occupazione meno di un miraggio. Il futuro un buco nero. E devono anche sentire le ironie dei rappresentanti del governo.
I più distratti pensano: sì, ma i giovani non reagiscono. Noi invece, ai nostri tempi... La piazza, bla bla bla.
Discorsi da vecchi. Ma da vecchi veri, nell'anima. Che ritengono i percorsi tutti uguali. E i periodi storici sovrapponibili. In una storia che si ripete stancamente. Anche se tutto è cambiato.
La risposta dei giovani c'è. E' violenta e radicale. Non hanno bisogno di inutili cortei. E neppure di proteste. A che servono?
Parlateci con i ragazzi. Non hanno barriere ideologiche. Nessuna speranza di cambiare il Paese. Nessun sogno rivoluzionario (!). Nessuna illusione. Vi diranno – in molti - che vogliono andar via. Non dalla Campania. Ma dal Paese. Via, il più lontano possibile. Lì dove ai giovani le porte – almeno – non vengono chiuse. Dove c'è la consapevolezza che il futuro appartiene a loro (e anche un bel pezzo di presente). Quell'altrove – che sarà anche un'incognita – ma che almeno è un'incognita. Non offre – come in Italia – la certezza di schiantarsi contro il nulla. In attesa di nulla. Coltivando una speranza che è pari a nulla.
Oggi il problema dei problemi è l'immigrazione. Ci dicono. Ma nessuno fa i conti con l'emigrazione. Quelli che partono sono più di quelli che arrivano. Un saldo negativo. Proprio come quello tra nascite e morti. Un Paese che si spegne. E non se ne accorge. Mentre il dibattito infuria, sulla legge elettorale, sulla Raggi, sulle intemperanze verbali di De Luca, sulle luci di Natale. Un fiume di parole inutili.
Intanto la protesta silenziosa dei giovani va avanti. Una protesta che imporrà a questo Paese anestetizzato di fare i conti. Ma quando accadrà, forse, sarà troppo tardi.
E per favore: non parlate di cervelli in fuga. Si espatria anche per fare i camerieri. E chi parte non ha nessuna intenzione di tornare.