Lettera di un figlio alla madre morta.
«Ciao Mamma, come va dalle tue parti? Chissà dove sei al momento. Sai ma', io in Dio non ci ho mai creduto, però so che tu mi sei sempre vicina, non capisco come, ma lo sento.
Comunque, nel caso te lo stessi chiedendo, qui si sopravvive, nulla di più. Le persone mi dicono che devo farmi forza e che devo uscire più motivato di prima da questa situazione, dicono che posso essere un uomo migliore, mi dicono che sono i tipi come me che possono fare la differenza.
Beh insomma, mi vengono dette tutte quelle cose che si devono dire a un ragazzo che ha perso la madre. Ma pensano che tutte quelle parole mi diano forza? Non sai quanto si sbagliano, mamma. Mi fanno soltanto sentire un idiota. E chiedo scusa se a volte vorrei rispondere: “Ma cosa ne sapete voi? Cosa ne sapete cosa si prova a tornare ogni giorno a casa e stare solo come un cane! Cosa ne sapete di quando piango perché non è proprio come l’avevo immaginata, questa vita.
Da piccolo, anche io avevo dei sogni, come tutti i bambini della mia età. Anche io avevo il sogno di diventare qualcuno di importante, un astronauta magari. Quando ero piccolo, avevo il sorriso stampato in volto perché magari la maestra mi aveva fatto dei complimenti per un lavoretto svolto e non vedevo l’ora di tornare a casa e raccontartelo, per renderti felice, mamma.
O quando raccoglievo un fiorellino per te e io tuoi occhi si coloravano di vita, anche solo per un istante. Perché, quando ero piccolo, quello era il mio obiettivo, forse ero un po’ egoista, ti volevo tutta per me, ma volevo vederti sorridere e volevo esserne io la causa, volevo che fossi orgogliosa di me, volevo farti capire che nonostante i tuoi tormenti, in questo mondo, c’era qualcuno per cui valeva davvero la pena vivere.
Adesso sono grande mamma, tutti i sogni, sono svaniti insieme a te. E con loro anche la voglia di vivere non c’è più. Perché anche se mi impegno ad andare avanti, e te lo giuro che ce la metto tutta, non è più la stessa cosa.
Non c’è più quella sensazione di gioia serena, ricordi com’era? Mi manca ogni singolo cosa di te. Mi mancano le passeggiate al parco, mi mancano i tuoi rimproveri quando mi facevo male, mi mancano i tuoi “te l’avevo detto”, i tuoi sorrisi sinceri, mi manca, addirittura, la tavoletta di cioccolato che mi lasciavi nella tasca del grembiule e quando arrivava l’ora della merenda facevo morire d’invidia tutti i miei compagni che avevano i loro tristi pacchetti di salatini.
La mia vita è, monotona. Sveglia, scuola, pranzo, cena, letto. Pochi sono i giorni in cui non seguo la routine. Le persone mi vogliono bene, tutto sommato, anche se niente di particolare. A volte credo lo facciano per pena. Mi sento continuamente fuori posto, ma mi chiedo, io ce l’ho un posto nel mondo, mamma?
Però se proprio mi sforzo a cercarla, una cosa positiva in tutto questo c’è. Sono consapevole di avere un grande cuore. Do amore, e non fa nulla se non viene ricambiato perché so come ci si sente a non riceverlo, non è bello. Per far capire ad una persona che è importante, non le do uno, due minuti di attenzioni, bensì passerei tutta la giornata con lei. Amo le piccole cose, e spesso, metto l’orgoglio sotto i piedi, ma non fa nulla. Il vuoto che hai lasciato è incolmabile, ho pensato di lasciare andare tutto, di lasciarmi andare, di tornare finalmente tra le tue braccia. Era diventato il mio pensiero costante. Non c’era nessun’altra via d’uscita. Poi però ho capito che questa non era la soluzione, così sarei soltanto scappato, e Mamma, tu mi hai insegnato a non essere un codardo. Io l’affronto questa vita, l’affronto per te, l’affronto per me, l’affronto per noi».
Erika Mazza
(studentessa del Vivaio di Ottopagine, il corso di giornalismo multimediale organizzato nell'ambito dell'iniziativa scuola/lavoro)