Nei primi nove mesi dell’anno le denunce di infortuni sul lavoro sono state 470.924 a fronte delle 463.189 registrate nello stesso periodo del 2015. I dati dell’Inail confermano che, dopo anni di costante calo, il 2016 rischia seriamente di chiudersi con una inversione di tendenza che non può che preoccupare. Più che il leggero aumento del totale degli occupati in Italia, a incidere pesantemente sulla crescita dei numeri sono i tagli alle politiche sulla sicurezza: costrette a fronteggiare una congiuntura economica negativa che non accenna a interrompersi, molte imprese, soprattutto quelle di piccole dimensioni o quelle costituite da singoli lavoratori, possono cedere alla tentazione di abbassare i livelli di attenzione, compromettendo drasticamente l’efficacia di norme, procedure e dispositivi».
Lo dichiara Sandro Simoncini, docente a contratto di Urbanistica e Legislazione Ambientale presso l’università Sapienza di Roma e presidente di Sogeea SpA, azienda specializzata nella sicurezza sui luoghi di lavoro.
«A trainare l’aumento degli infortuni – continua Simoncini – è soprattutto il settore terziario, passato da 99.859 denunce a 104.548 prendendo in considerazione il periodo gennaio-settembre, mentre a livello geografico sono il nord-est del Paese e le isole maggiori a registrare l’incremento più significativo. Senza dimenticare come le statistiche di riferimento non tengano conto, ad esempio, di chi lavora con partite Iva individuali e, ovviamente, dell’economia sommersa, che in larghi settori rappresenta un fenomeno non certo marginale. Proprio l’aumento del ricorso al lavoro nero potrebbe avere inciso sul calo tendenziale delle morti bianche: nei primi nove mesi del 2016 quelle denunciate come tali sono state 753 a fronte delle 856 dello scorso anno, comprendendo anche i decessi negli spostamenti da e per il luogo di lavoro. Un numero che pone comunque l’Italia nettamente al di sopra della media europea.
Risulta dunque quanto mai necessario continuare ad agire su più fronti: ad esempio investendo massicciamente sulle procedure di controllo, che viceversa in questi ultimi anni sono state colpevolmente trascurate, e sulla formazione di figure professionali specializzate nella sicurezza; ma anche accentuando la defiscalizzazione per quelle aziende che decidono di rafforzare la tutela dei propri lavoratori. Tra l’altro, oltre che un contenimento degli effetti umanamente drammatici che comporta qualsiasi grave incidente sul lavoro, per lo Stato ogni euro investito oggi in prevenzione rappresenta anche un notevole risparmio sul medio-lungo periodo per il sistema sanitario nazionale».
Redazione