di Luciano Trapanese
E' bastato un nubifragio, una tromba d'aria, per riproporre la questione delle questioni: il nostro patrimonio urbanistico è fragile. Costantemente in pericolo, e non solo per il dissesto idrogeologico. Non solo per le scosse di terremoto. Anzi. In Campania, ma pure altrove – la costa laziale lo dimostra in queste ore -, il tessuto edilizio «è mediamente di scarsa qualità», come ha dichiarato Sandro Simoncini, docente di Urbanistica e legislazione ambientale alla Sapienza.
Replicando le considerazioni già formulate a Benevento, da Maria Rosaria Tecce, ordinario di tecniche delle costruzioni presso il Dipartimento di ingegneria dell'Unisannio.
Le case del boom edilizio – anni '60, '70 – non sono state costruite nel migliore dei modi. Non c'erano criteri antisismici da rispettare. Non c'era un controllo stringente sulla qualità del cemento. E poi: molti di questi edifici – in particolare nella nostra regione – sono stati realizzati abusivamente (e si suppone senza rispettare nessuna normativa, neppure quelle relative alla sicurezza).
«Il mese di novembre - aggiunge Simoncini - è appena iniziato e già ci ritroviamo a fare la conta di morti, feriti e danni causati dal maltempo. Va sottolineato con forza come il problema non sia rappresentato in via principale dai fenomeni meteorologici in quanto tali, ma dal fatto che gli stessi vadano ad incidere su un patrimonio urbanistico e ambientale estremamente fragile e compromesso. Come si è purtroppo visto con i terremoti che hanno colpito il centro Italia, la violenza degli eventi viene in qualche modo amplificata da un tessuto edilizio mediamente di scarsa qualità, che negli anni è stato trascurato in modo colpevole e sul quale non si è quasi mai intervenuti con un efficace programma di manutenzione di medio-lungo periodo».
La tempesta perfetta, è il caso di dirlo. Su un territorio a rischio sismico, idrogeologico e sottoposto – per i ben noti cambiamenti climatici – a intemperie di una violenza prima sconosciuta, molte delle nostre abitazioni sono considerate dagli esperti “fragili”.
Il punto è che questa debolezza strutturale è ben nota da tempo. Il cemento si deteriora, ha una data di scadenza. E opere di adeguamento, risanamento e manutenzione, sono come minimo scarse. Rese difficili anche dai costi, che si aggiungono alla ipertassazione sulle proprietà immobiliari che rendono la gestione di una casa quasi più onerosa del suo stesso acquisto.
Discorso analogo, naturalmente anche per le abitazioni più antiche, come ha dimostrato la devastazione causata dal terremoto nel centro Italia.
Rispetto a una situazione così preoccupante si fa ben poco. I fondi stanziati nell'ultima finanziaria, ma anche dalle Regioni (in questo caso la Campania), per contribuire ai lavori di messa in sicurezza degli edifici privati sono poco più che briciole. Del tutto insufficienti. Una miseria.
Servirebbero controlli, fondi e naturalmente un impegno costante da parte dei privati. La casa è un bene che va preservato.
Una riduzione della tassazione sugli immobili potrebbe consentire ai proprietari di intervenire con maggiore sollecitudine. Ma è un serpente che si morde la coda: le imposte restano alte, i contributi a sostegno dei lavori sono ridicoli, e i palazzi delle nostre città lentamente si deteriorano. In un Paese che si scopre ogni giorno drammaticamente più fragile.