“Quella passione che ti muove dentro e che ti porta alle volte ad assumere atteggiamenti forti per il troppo amore”. La descrive così la sua ultima parentesi nel Sannio Pasquale Schiattarella. Nelle sue parole l'emozione di un bambino che per la prima volta dà un calcio ad un pallone. Ma il centrocampista di strada ne ha fatta, è abituato alle vittorie e anche alle sconfitte. Eppure quando i suoi passi ripercorrono la strada del ritorno, inevitabilmente gli sale un brivido lungo la schiena. “Ho sognato tanto di indossare nuovamente la maglia giallorossa. Chi ama questi colori può capirmi. Le gioie della promozione in A, l'abbraccio virtuale con un popolo che aveva sofferto la pandemia e il distacco forzato con la squadra, quel dovere di salvare un sogno che nessuno mi aveva imposto ma che sentivo bruciarmi dentro. Perché la società e quei tifosi che ho sempre sentito parte della mia famiglia lo meritavano. Forse ho esagerato, forse ho creduto che per l'obiettivo finale si dovesse vendere cara la pelle, forse ho urlato, sbraitato, corso troppo. Se tutto ciò è accaduto, ha avuto un solo scopo: amare troppo il Benevento. Potrebbero sembrare parole fatte, ma io volevo ricucirmi sul petto lo scudetto della strega. Ringrazio il presidente Vigorito e il diesse Pasquale Foggia per aver creduto nuovamente in me e dico a tutti i tifosi giallorossi che lo Schiattarella del ritorno sarà ancora più innamorato di quello che è andato via. Ma più maturo di prima, consapevole che alle volte un passo indietro non è motivo di resa. Con me porto la voglia di far bene, l'esperienza di una vita nel calcio e la consapevolezza che questa società e la tifoseria meritano palcoscenici più importanti”.