Raffaele Tibaldi ci riprova e comincia da un luogo-simbolo, quel bar Bologna nel rione Ponticelli, tra i più danneggiati dall'alluvione, affacciato su quel fiume Calore dove nulla è stato fatto e le tracce del disastro sono ancora evidenti.
Dopo la deludente esperienza di cinque anni fa come alfiere dell'allora Popolo delle Libertà, Tibaldi ritiene che i partiti tradizionali abbiano esaurito la propria funzione e prova a diventare sindaco alla testa di una lista civica, sfumata anche la possibilità di una convergenza con Gianfranco Ucci per la costituzione di un polo unico.
Ma è al duo Del Vecchio-Mastella che il consigliere d'opposizione uscente riserva le bordate più feroci. La città è stata male amministrata, questa giunta è coinvolta in nove procedimenti giudiziari, ricorda Tibaldi che profetizza: “Potrebbe addirittura cadere in mani peggiori”.
Serve la volontà politica di dedicarsi alla risoluzione dei problemi e tanta fantasia, viste le casse vuote di palazzo Mosti, per la cui macchina burocratica Tibaldi immagina un turnover dei dirigenti – l'ultimo botta e risposta c'è stato con il comandante della Polizia Municipale, Moschella.
L'esponente della minoranza marca distanza anche dal Movimento Cinque Stelle, ritenendo più utile alla causa-Benevento la sua pregressa esperienza consiliare. Il candidato Tibaldi ha anche presentato il simbolo della lista “Benevento Polo Civico” raffigurante un Gladiatore.
a cura di Carus