“Criminalizzare il consenso è la cosa più stupida che si possa fare” così Pasquale Viespoli, leader di Mezzogiorno Nazionale ed ex sottosegretario al Welfare, commenta il risultato delle elezioni che ha visto trionfare i Cinque Stelle anche in città.
Per Viespoli l'analisi dell'immediato post voto è povera e il liquidare la questione alla bramosia di un meridione interessato solo al reddito di cittadinanza o a un presunto strapotere del web restituisce un quadro sbagliato: “Mi sembra francamente eccessivo – commenta Viespoli – stimare il dato elettorale in relazione alla proposta del reddito di cittadinanza. L'elemento che deve far riflettere a mio avviso è un altro: la risposta dei partiti di centrodestra e centrosinistra ha funzionato da moltiplicatore di voti per i Cinque Stelle, hanno fatto scelte che invece di tentare di contrastare il fenomeno l'hanno favorito. D'altronde in un clima come quello che si respirava ben prima del voto, scegliere candidature vecchie e desuete non solo per un fattore strettamente anagrafico ha ovviamente stimolato il voto per i grillini. Ma d'altronde quando il dibattito si basa sulla contrapposizione fascismo – antifascismo cosa ci si può aspettare se non di essere travolti da chi è andato oltre?”.
Il cambiamento è epocale, secondo Viespoli, e interpretarlo, comprenderlo, è l'unica ancora di salvezza per i partiti: “Ciò che si legge in questo voto è innanzitutto un problema nel rapporto di intermediazione tra politica e cittadino. Il voto è una risposta della sovranità popolare alla sovranità padronale, e questo nasce in continuità alla vicenda referendaria. I partiti non lo hanno capito e non hanno trasformato quella forza che nel referendum si è opposta a familismo, autorefernzialità e presunzione, in proposta politica”.
E dunque, i Cinque Stelle sono la risposta dei cittadini ad un rapporto che si è interrotto coi partiti tradizionali, non certo liquidabile a una marcia del web o a una richiesta di assistenzialismo: “I Cinque Stelle sono stati banalmente interpretati. Il web è minoritario – dice Viespoli – contano le persone in carne ed ossa. Molte analisi confinano i grillini a fenomeno web, ma in realtà hanno scelto luoghi e strumenti della politica come le piazze”.
Ed ora? Secondo Viespoli l'incarico dovrebbe andare a Di Maio, con gli altri partiti chiamati alla responsabilità: “Certo non è facile perché in Italia abbiamo un conservatorismo costituzionale fuori tempo. Bisognerebbe capire se va considerato, per l'incarico, il primo partito o la prima coalizione, ma nel momento in cui la legge elettorale non è coalizionale bisogna ragionare in un'ottica di proporzionalità. Poi è ovvio che Mattarella ha sufficiente cultura costituzionale e istituzionale per decidere. Ma di certo questo dubbio dimostra che c'è bisogno di una revisione forte per il sistema costituzionale: un sistema alla francese, ad esempio, che ha dato la possibilità di costruire una leadership, rispetto a una prospettiva di mantenere inalterato un sistema parlamentare come il nostro in un contesto che è sostanzialmente cambiato. Le forze politiche che ora giocano al posizionamento tattico, tuttavia, dovrebbero trovare un sussulto di responsabilità per prendere atto di questo elemento di sistema. Il governo dovrebbe diventare funzionale ad un disegno alto, prendendo atto della crisi di sistema che riguarda maggioranza e opposizione. Occorre una riflessione comune, non c'è dubbio, con un Governo che si deve fare su un terreno di responsabilità”.
Di certo, qualora governassero, per i Cinque Stelle non sarà facile: “Ora bisogna capire come trasformare in risposta la domanda di cambiamento. Tutta la questione sociale, del lavoro, della modernizzazione del sistema...finora si è provato a rispondere con incentivi e dotazione finanziaria, bisognerebbe invece fare un'architettura che consenta di sviluppare la proposta. Sul reddito di cittadinanza ad esempio: per non entrare nell'assistenzialismo bisognerebbe creare un meccanismo che sfavorisca la deresponsabilizzazione. Dovrebbero dire chi decide, chi intermedia, chi fa formazione, dato che al momento non c'è una struttura digitale in grado di farlo, non abbiamo neppure una banca dati nazionale”.
Cristiano Vella