La riflessione del direttore editoriale di Ottopagine, Lucia Vigorito, a margine del convegno organizzato a Benevento da Mezzogiorno Nazionale in occasione dei 70 anni dal primo consiglio comunale nel capoluogo sannita. Convegno al quale hanno partecipato tra gli altri Pasquale Viespoli, Umberto del Basso De Caro, Mario Pedicini, Anita Biondi e Simonetta Rivellini.
di Lucia Vigorito
La riflessione immediata sull’iniziativa di “Mezzogiorno Nazionale” 70 anni in Comune è sollecitata dalla polisemia della parola “comune”.
Ci sono parole speciali su cui si costruisce un’idea del mondo e il senso dell’agire. Ma, disambinguando: “in comune” cosa hanno le persone riunite a Palazzo Mosti? L’incontro ce lo racconterà.
Intanto si chiamano per nome, mostrando una naturale reciproca dimestichezza.
Arrivano dagli scranni le voci dei testimoni. Efficacia della prossemica!
Emozionate, pacate, puntuali nella ricostruzione dei contesti.
Informale, quasi colloquiale, il clima.
Sembra, a tratti, di stare in famiglia.
Ma la regia - autorevole - non indulge.
Non è un amarcord.
L’obiettivo è dichiarato: rilanciare il dibattito pubblico, asfittico, meglio ancora assente, sulla città; riattivare dialogo e ascolto, strumenti con cui si fa politica; aprire il confronto, che non è condivisione, ma elemento fondante di una normale dialettica democratica.
Il Comune cura gli interessi e promuove lo sviluppo della comunità che rappresenta. Nel dialogo, nell’ascolto dei cittadini, perciò, e nel confronto con la società civile organizzata identifica il metodo per costruire decisioni e garantire partecipazione responsabile nella scelta delle politiche. Sembra un auspicio piuttosto che una prassi…
Il Consiglio Comunale di Benevento compie 70 anni. Un segmento di tempo compreso tra il referendum sulla Repubblica e quello che ci attende sulla Riforma Costituzionale. Ma nessuno cede alla tentazione di una facile quanto strumentale e surrettizia propaganda.
Serve invece memoria culturale. Quella che va recuperata per rafforzare l’identità della comunità.
Ecco allora le narrazioni. Qui i vissuti individuali si fanno vissuti collettivi; la storia locale si intreccia alla storia del Paese. C’è molto in comune nella diversità delle storie narrate. I testimoni sono quelli che hanno attraversato la stagione complessa ma anche gratificante delle riforme degli Enti Locali e delle Pubbliche Amministrazioni a partire dagli anni 90. Anita e Simonetta. Orgogliosa affermazione di differenza di genere. Rivendicano più tempo per i loro interventi. Hanno aspettato così tanto… il referendum del ’46 per esercitare per la prima volta il diritto di voto. E si sa, sono ancora oggi in credito. Appartenenze diverse, culture, storie diverse.
“Concordes in unum” ammonisce l’epigrafe nella sala. In unum. Nella ricerca del bene comune, riconosciuto tale da tutti. E’ in questo forse lo spirito di comunità.
Nell’epoca della post verità, come da qualche tempo viene definita quella presente, si fa vieppiù necessaria l’attenzione alla dimensione della comunità, come dimensione significativa per la costruzione di relazioni, di identità e valori stabili.
La parola passione ricorre negli interventi. Certo una passione non comune richiede l’esercizio della politica. Ma anche un pensiero riflessivo, capace di arginare la paura derivante dall’incertezza e dal disorientamento del nostro tempo; un pensiero riflessivo capace di dare contenuti alla speranza.
E c’è bisogno di risveglio civile, che rivendichi il dibattito politico e culturale come sviluppo e crescita di comunità.
Restano parole chiave dell’incontro, confronto e dibattito.
Parteciparvi é un diritto di tutti; non sottrarsi un dovere ineludibile di chi governa.