Quante volte, nella fretta, abbiamo lasciato l'auto al di fuori delle strisce blu, regalando una moneta a un parcheggiatore “unofficial”? Quante volte abbiamo comprato un libro o una maglietta o una custodia per cellulare in strada? Quante volte abbiamo pagato un fisioterapista, un parrucchiere, o un estetista abusivo? Bene, senza pretesa di voler insegnare l'economia e i suoi meccanismi, gesti del genere sono costati allo stato più di undici miliardi di euro. Forse molto di più. Già, perché è soltanto una frazione della cifra che il mercato dell'abusivismo toglie al fisco italiano, ed è di oltre trenta miliardi (sempre ragionando in base a una frazione e sempre senza alcuna velleità di fare accademia) il fatturato dello stesso mercato. A fare i calcoli è la Confesercenti. Ma c'è abusivismo e abusivismo: quello sic et sempliceter dell'ambulante (vedi altro articolo su App Ottopagine, a firma di Alessandro Fallarino) , per intenderci, e quello legalizzato che si riferisce a quelle attività che, seppur lecite in quanto disciplinate da leggi statali/regionali e/o autorizzate dall’ente locale del territorio nel quale sono organizzate, godono di procedure più snelle (di tipo burocratico, autorizzativo, fiscale) tali da svantaggiare i tradizionali esercizi commerciali e i pubblici esercizi. Esempi tipici sono le attività temporanee di somministrazione di cibi e bevande in fiere, sagre, feste di paese, circoli privati/associazioni.
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Crisvel