Alluvione 2015. Masiello: che pena quei campi sommersi

Il vicepresidente nazionale Coldiretti: "Importante ricordare e puntare sulla prevenzione"

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Benevento.  

Le immagini dei campi allagati, delle stalle inondate da acqua e fango. Ma anche e soprattutto la forza degli imprenditori sanniti. A cinque anni di distanza dall'alluvione del 2015 che colpì il Sannio il ricordo di Gennarino Masiello, vicepresidente nazionale della Coldiretti. Indelebili le immagini di quelle ore: “Ricordo la preoccupazione, ma soprattutto la capacità di reagire degli imprenditori di questa provincia che si sono dati subito un gran da fare non solo per ripristinare le attività primarie ma anche per risollevarsi e rimettere in piedi le attività produttive che con gran fatica si sono rialzare”.

Tante infatti le aziende ed i campi che furono inondati: “Purtroppo furono centinaia perché colpì la zona del Fortore, tutta la parte a ridosso dei grandi corsi d'acqua e anche quelli che erano a valle di alcune colline che in quelle ore hanno avuto questa difficoltà della massa d'acqua che in modo eccezionale si è riversata. Ricordo poi le immagini di contrada Pantano, vedevi solo acqua, non vedevi più i campi ma solo qualche albero alto di cui veniva fuori la cima. Una realtà sommersa dall'acqua e dal fango dove ci sono stati grossi disagi anche per il recupero”.

Momenti che secondo l'esponente dell'associazione di categoria “è importante non dimenticare”. L'invito però oggi è di puntare sempre più sulla prevenzione: “Sicuramente è una questione che ci deve lasciare insegnamento, ma anche determinazione a far sì che non si verifichino più queste condizioni. Purtroppo è un fenomeno che si presenta troppo spesso in modo improvviso, per cui penserei ad un approccio preventivo. Penso a tutto il lavoro che si deve mettere in campo come pubblico e privato”.

Attenzione per il futuro anche alle grandi infrastrutture: “Il pubblico deve pensare a opere strategiche. Credo che anche il recovery fund possa rappresentare una di quelle opportunità per poter immaginare grandi infrastrutture che magari consentano il recupero delle acque quando ce n'è troppa, in modo da contenerla quando piove molto e ridistribuirla quando manca d'estate. Infrastrutture – conclude Masiello - che possano mitigare i rischi e anche trasformarli in opportunità perché si raccogliere l'acqua e si possono distribuire quando manca”.