La grande popolarità che ha il calcio nel mondo, diceva Zdenek Zeman, è dovuta al fatto che c'è un bambino, in ogni parte del mondo, che gioca e si diverte con un pallone tra i piedi. Quella palla che rotola, in ogni parte del mondo, e tiene in vita il gioco più bello.
Quella palla, che a Sant’Agata de’ Goti rotola da più di ottanta anni, da quando in una città all’avanguardia dal punto di vista sociale, il calcio era uno sport diffuso, e le partite venivano giocate in quella piazza mercato che, ottanta anni dopo, verrà intitolata alla memoria della medaglia d’oro Tiziano Della Ratta.
Nell’Italia che veniva dalla Grande Guerra, e stava per tuffarsi in un altro conflitto di dimensioni ancora più devastanti, si formavano quei personaggi che poi avrebbero scritto la storia calcistica dell’Us S. Agata. Uno di quei quei personaggi era Ugo Ievoli, nome noto alla cronaca di questi giorni grazie alla decisione dell’amministrazione comunale guidata da Carmine Valentino di intitolargli il nuovo stadio comunale.
Perché a Sant’Agata de’ Goti quella palla ad un certo punto ha smesso di rotolare. Per 28 lunghi anni. Fino a che lo scorso 19 settembre un nuovo stadio è stato inaugurato.
Ma chi era Ugo Ievoli? Qual è la storia della “mitica” Us S. Agata? E perché questa squadra è tanto importante?
Lo abbiamo chiesto ad Arturo Mongillo, che di calcio ne ha masticato parecchio: la sua casa è un archivio infinito di articoli e ritagli di giornali che parlano della storia del calcio santagatese e napoletano; i suoi racconti invece un fiume di aneddoti sul calcio e sui protagonisti dello sport più bello del mondo.
Avvocato Mongillo, chi era Ugo Ievoli?
Ugo Ievoli è una storica figura del calcio santagatese, prima calciatore nell’anteguerra, con i vari Ernesto Stanzione, Giuseppe Iadevaia, Giovanni Giordano, Gaetano Frogiero, quando Sant’Agata de’ Goti non aveva ancora il suo primo stadio, ma veniva utilizzata come campo di calcio la vecchia Piazza Mercato o in alternativa si giocava in uno spazio dove oggi si trovano le case popolari di viale Vittorio Emanuele III.
Il dottore Ievoli, all’epoca, era un terzino. Ma la sua passione per il calcio non veniva espressa solo giocando. Ievoli era un tifoso del Napoli, che lui seguiva allo stadio “Ascarelli”, anche perché a Napoli frequentava il ginnasio. Questo gli permetteva di avere una visione del calcio diversa dagli altri santagatesi che erano costretti ad accontentarsi di leggere di calcio su giornali come “Calcio e ciclismo illustrato”.
Passione e conoscenza che gli serviranno più avanti, quando sarà presidente. Intanto, quando il Napoli lasciò il vecchio stadio per trasferirsi al Vomero (allo stadio Collana, ndr), io ero un bambino e viaggiavo con lui per andare a vedere la partita assieme a mio padre Mario e Telemaco Androsoni, Sabatino Palma e Giovanni D’Onofrio Canelli, che poi dell’Us S. Agata sarà il vicepresidente ed al quale è stato intitolato l’antistadio. Sono contento che Carmine Valentino abbia voluto intitolare lo stadio al dottore Ievoli, anche io da sindaco avevo voluto avviare un iter simile.
Perché intitolargli lo stadio? In che modo Ugo Ievoli ha legato il suo nome alle squadre di Sant’Agata?
Lui era innanzitutto un presidente, un munifico presidente, ma era anche un grande intenditore di calcio. La squadra era la Us S. Agata, che vinse consecutivamente i campionati di Seconda Categoria, Prima Categoria, Promozione ed Eccellenza, un record, approdando in serie “D” che allora era addirittura la quarta categoria. In quella società Giovanni D’Onofrio Canelli curava i rapporti con la squadra. I giocatori per i primi anni erano santagatesi e dell’hinterland napoletano. L’allenatore era Antonio Peluso, napoletano, come napoletano era un altro allenatore dell’Us, Salvatore Saravo.
L’Us S. Agata resterà due anni in serie “D”, anche grazie agli interventi di Rico Mustilli, e di don Michele Sordillo, lo zio di Federico Sordillo, il presidente del Milan. Furono anni importanti, con le trasferte in stadi prestigiosi, da quello della Turris a quello della Juve Stabia, ma l’Us S.Agata giocò anche con il Bevenento, andando a vincere nel capoluogo. Il dottore Ievoli lasciava a D’Onofrio Canelli la possibilità di gestire il rapporto con i ragazzi, ma sul piano delle scelte tecniche e dei giocatori era un presidente molto presente.
Immancabile, quando si intervista Arturo Mongillo, l’aneddoto divertente.
“Una volta l’allenatore Peluso portò a Sant’Agata un terzino da Napoli che di cognome faceva Tarallo. Il dottore Involi e l’avvocato Canelli, quando videro scendere dalla macchina il mister con il calciatore, appena sentito da Peluso che si chiamava Tarallo, i due dissero in maniera molto schietta “Non ti spogliare neanche, perché se ti chiami Tarallo non puoi giocare al calcio”.
Vincenzo De Rosa