Oggi e domani a Solopaca l’Azienda agricola La Campagna a contrada Ponte della Zingara sulla via Bebiana, la “Rievocazione storica e gastronomica della Trebbiatura”. Solopaca oggi è noto come il paese del buon vino con una ricchissima produzione di uve varie e pregiate. I vigneti sono curati con sistemi specializzati nel rispetto della tradizione. Nei tempi andati la produzione dell’uva era molto più limitata e la vite era spesso associata ad altre colture come l’ulivo, le ciliegie ed altri alberi da frutta. In quasi tutti i frutteti e nelle vigne si piantavano anche cereali, principalmente grano e biade, indispensabili per l’alimentazione della famiglia e del bestiame.
La maggiore produzione agricola era pertanto costituita da cereali. Grani, granturco, orzi e biade erano utilizzati anche per pagare “in natura” i canoni dei vari contratti agrari come la precaria ed il livello.
A fine giugno si organizzavano le squadre di mietitori che, armate di falce, aprivano la sequenza delle fatiche stagionali finali che sarebbero culminate con la trebbiatura. Il giorno della trebbiatura era quello di più intenso lavoro ma era anche il giorno si concretizzava il raccolto e si faceva festa.
I covoni di frumento, ordinati in mucchi a croce fra le stoppie dei campi, attendevano l’arrivo della macchina “pe scugnà”, quella trebbiatrice lunga e infernale che trovava spazio soltanto nelle aie ampie nei pressi delle masserie dove stazionavano numerosi giorni fino a quando tutto il grano e gli altri cereali della zona non fossero “scugnati”. Nell’aria calda e afosa di luglio nugoli di polvere e di pula urticante colpivano gli uomini che gettavano, dall’alto delle borle (pagliai di messe), i covoni gonfi di spighe nella pancia della trebbiatrice, oppure allontanavano dall’imballatore le balle quadrate di paglia. Vicino al trattore a testa calda s’allineavano i sacchi colmi di chicchi di frumento tenuti sotto controllo dallo sguardo vigile del padrone della messe.
Spesso anche giovani donne partecipavano alla “scognatura” e si inerpicavano con i covoni fin sulla trebbiatrice, ammirate dagli uomini che scorgevano le forme dagli abiti succinti. Il rito è ben documentato, per l’Alto Sannio, dall’avvocato Ciccio Romano, indimenticato storico e politico beneventano, che descrive il compiacimento reciproco di uomini e donne in un rito di chiara ascendenza pagana. La grande fatica e la gioia del pane assicurato per l’anno a venire dovevano essere lautamente ricompensati e festeggiati con un pranzo fresco, sostanzioso e non pesante, perché operai ed agricoltori dovevano riprendere il lavoro ed aiutare il vicino. L’Azienda la Campagna, impegnata nella ricerca e nella valorizzazione della tradizione agricola e delle tipicità gastronomiche locali, ha voluto rievocare il “rito” della trebbiatura con un evento nel quale "se scogna, se magna, se veve e s'abballa". Sabato pomeriggio, dalle ore 16, sarà messa in funzione una trebbiatrice originale Italo-Svizzera modello 54, del periodo fascista, messa a disposizione dall’ “Associazione di Cultura Contadina San Silvestro” di Sant’Agata dei Goti. Domani mattina, a partire dalle ore 9, sarà impiegata una trebbiatrice del primo dopoguerra, sempre una Italo-Svizzera, modello 90.