Non ci sarebbe stato nulla di strano, se intorno alla prima metà del XIII secolo, avessimo visto cacciare con i falchi l’imperatore Federico II nelle terre del Cubante, nel comune di Calvi. E’ infatti presente qui, a detta di qualche storico tedesco, l’ultima villa nel sud Italia dell’imperatore, oggi conosciuta come il “Castello del Principe”, dove molto probabilmente il nobile di Svevia sostava prima di recarsi a San Lorenzo in Pantano, presso Foggia, dove realizzò un parco dell'uccellagione, o alle saline del Gargano, nei pressi dell'attuale Margherita di Savoia, dove ancora oggi sostano gli uccelli migratori. A Calvi, Rino Molinaro, quarantuno anni e appassionato anche di motocross, continua la tradizione della falconeria di Federico II, che, come si sa, scrisse uno dei primi trattati in Europa sull’addestramento dei rapaci De arte venandi cum avibus.
Rino ha una poiana di Harris di due anni, chiamata Aron, che utilizza esclusivamente per volo libero, spesso per allontanamento di volatili nocivi quali piccioni, cornacchie, gazze, e altri uccelli. La poiana di Harris non vive in queste zone ma è originaria del continente americano (Arizona, Texas e Argentina).
Rino, il falconiere, che dice “Ho studiato e imparato da solo, grazie a qualche manuale” fa volare Aron prima con il richiamo al pugno e poi con il classico richiamo al logoro (antico arnese da caccia, simulante le ali di un uccello, che il falconiere agita in alto per richiamare il falcone).
«Fargli accettare il cappuccio non è mai semplice anche se di norma andrebbe utilizzato ogni due o tre giorni», commenta il falconiere dopo aver lanciato la poiana e averla richiamata con un fischietto. Rino spiega poi l’equipaggiamento della poiana.
«Ci sono i geidi lunghi che servono a preserva la poiana nel volo libero, durante il quale potrebbe rimane impigliato in antenne, alberi, rami, e rischiare di ferirsi. Oltre ai geidi esistono i sonagli, che oggi non ha, e la telemetria, praticamente un sistema di radio gps che consente di ritrovare il falco nel caso si allontanasse. Diciamo che questo rischio con Aron è limitato perché è un falco addestrato ed è stato solo con me, e la zona in cui vola oggi è una zona abbastanza abituale per lui, quindi già sa quello che deve fare, lo faccio volare qui e a valle, qualche inseguimento, ma niente di particolare, alla fine il premio è sempre il logoro. Così come quando insegue i piccioni, non uccide nulla, deve fare semplicemente il suo lavoro e viene richiamato nel momento in cui ritengo sia più opportuno e poi viene premiato».
Per cacciare invece? «Per cacciare, ovviamente, si caccia nel periodo prestabilito, e necessita del normalissimo porto d’armi come se fosse un fucile. Naturalmente l’attività di caccia è una cosa e l’attività di volo libero e manifestazione è tutt’altro. Su questo siamo d’accordo, dividiamo le due attività»..
Spieghiamo le fasi del richiamo e come viene addestrato. «C’ è la fase del richiamo al pugno, praticamente il falco viene condizionato al richiamo. Ovviamente è da capire che ogni animale, in questo caso i rapaci, sono condizionati dal cibo. Non ci aspettiamo che un falco venga al pugno giusto per cortesia o per affetto. E’ importante poi il peso di volo o il peso di caccia. Ogni rapace viene pesato anche giornalmente, prima e dopo il volo, in quanto si stabilisce la reazione e l’attenzione al cibo, in questo caso alla caccia o al richiamo.
Le fasi principali dell’addestramento riguardano invece quelle dell’ammansimento. Un rapace viene tolto dai genitori dopo 20-30-40 giorni, dipende dalle circostanze. La prima fase è quella della conoscenza del pugno e dell’ammansimento. Il falco acquisisce la corretta postura al pugno e si fa in modo che l’animale instauri un rapporto confidenziale con il falconiere. Poi l’addestramento avviene ogni giorno con il richiamo del cibo per poi arrivare alla fase del volo libero
Il richiamo al logoro è una sorta di esca naturale guarnita di carne. Nella fase di addestramento è molto importante: perché quando un falco vede che si lancia il logoro capisce che c’è da mangiare, e può capitare che per un motivo o per un altro, per peso o perché caccia, non può tornare con facilità. Far prendere dei vizi ai rapaci è molto semplice, sta nella bravura dei falconieri. Roteandola è come se fosse un’esca artificiale e alla fine è come se avesse catturato una vera e propria preda».
Ed è qualche chilometro dal luogo del volo del falco, andando verso Apice, che si incontra «L’ultima villa nel sud Italia dell'imperatore Federico II – commentano i proprietari, i coniugi Mogavero-, fu uno storico tedesco in visita da noi a dirlo». Presso l’antico Palazzo, che è oggi in parte un agriturismo, mentre la rimanente è abbandonata, i due coniugi custodiscono anche una copia del trattato sulla falconeria scritto da Federico II. Insomma l'arte venandi cum avibus potrebbe diventare, con un po' di impegno, un motivo di attrazione per le terre calvesi.
di Michele Intorcia