Quelle antiche 'presenze' a Cerreto Sannita

La rubrica. Grande Madre

Cerreto Sannita.  

Inseguendo i miei fantasmi e quelli dell’immaginario collettivo dell’entroterra appenninico, mi sono imbattuta, grazie anche ai social network, in antiche storie amorosamente tramandate di madre in figlia.
Stavolta mi sono fermata a Cerreto Sannita dove, una giovane laureanda in Lettere Moderne, appassionata di folklore e tradizioni locali, ha deciso di collaborare col Centro di ricerca tradizioni popolari La Grande Madre. Il suo contributo è notevole nel ridisegnare la mappa delle presenze nel nostro territorio sconnesso, montagnoso, ricco di valli trasversali, fiumi e sorgenti, antichi edifici e chiese, tutti luoghi depositari di sacri lari o demoni, fate e folletti, spiriti vaganti in cerca di pace eterna. La collaboratrice è Alessia Guarino che ha deciso di mettere per iscritto la florida memoria della sua famiglia. La testimonianza, oggi, è affidata a Teresa, nipote di Carminuccia, che insieme al padre Luigi, ascoltava i racconti della nonna. Ed ecco due vissuti legati al rito della messa cattolica. Il primo, veramente insolito, riguarda il fantasma di un sacerdote. Il dato straordinario di questa storia e che la “presenza” si manifesta a più persone contemporaneamente, e due volte consecutive, cosa veramente insolita:

Un contadino, tornava dai campi all’ora del Vespro, trovando la chiesa aperta, decise di entrare e di partecipare alla Messa Vespertina. Durante la funzione, vinto dalla stanchezza, si addormentò. Finita la messa, nessuno lo svegliò e il sacrestano, inconsapevole, chiuse la porta della chiesa. In un imprecisato momento della notte l’uomo fu svegliato da un improvviso baluginare di luci. Un sacerdote accese le candele sull’altare, andò in sacrestia e, dopo aver suonato la campanella, tornò verso l’altare ornato di paramenti, pronto a dir messa. Paralizzato dalla sorpresa, il contadino non rispose al “Dominus Vobiscum” del celebrante, che, a questo punto, fece ritorno senza batter ciglio nella sacrestia, causando, con la sua sparizione, l’oscuramento improvviso di tutta la chiesa. Alle cinque del mattino, il sacrestano trovò l’uomo terrorizzato che, a stento raccontò tutto l’accaduto. Di comune accordo i due si recarono dal parroco per metterlo al corrente del fatto. Il religioso, prendendo a cuore il racconto, decise di constatare personalmente i fatti così, la notte stessa, con altre persone di sua fiducia, si appostò in chiesa aspettando il rivelarsi della “presenza”. E in effetti tutto accadde così come era stato raccontato dal contadino. Il parroco, munito di stola, e i suoi compagni, parteciparono alla messa rispondendo al celebrante. Prima che il sacerdote fantasma pronunziasse le parole di congedo della funzione, “Ite missa est”, il parroco intimò allo spirito, in nome del Signore Gesù, di rivelare il suo nome e la sua storia. Lo spirito narrò di essere stato un sacerdote, in vita, e di aver ricevuto il denaro per una messa mai celebrata; per questo era da tempo lunghissimo condannato ad apparire come fantasma nel tentativo di rimediare al suo peccato, ossia di celebrare quella funzione per la quale aveva ingiustamente ricevuto compenso. A quel punto, avendo scontato la sua pena, con la benedizione del sacerdote, lo spirito trovò la pace”.
La seconda storia è un motivo più comune alla tradizione popolare:
“Un signorotto della zona di Cerreto, molto ricco, alla morte del padre prese l’abitudine di affidare ogni mese al suo garzone (‘uarzon), uomo di fiducia, cinque lire con l’incarico di consegnarle al parroco per una messa in suffragio dell’anima del defunto genitore. Il garzone, onesto ed affezionato, non aveva mai mancato di assolvere al compito. Un giorno, non avendo incontrato il prete, il garzone tornò a casa con quelle cinque lire in tasca. A casa trovò i figli che piangevano per la fame e la moglie disperata perché non aveva neppure un tozzo di pane. L’uomo, mortificato dallo stato di indigenza della sua famiglia, spese le cinque lire per comprare il pane ai suoi figli. Quella stessa notte il signorotto sognò il padre che, con aria quasi accusatoria, gli disse “ Finalment’ m’sì fatt dic ‘na messa” (finalmente hai fatto celebrare una messa per la mia anima). Il signorotto, colto dal dubbio riguardo l’onestà del garzone, la mattina seguente si rivolse al suo uomo di fiducia chiedendogli se fosse stato sempre corretto e avesse con regolarità consegnato il denaro al sacerdote affinché questi celebrasse le messe di suffragio. Il garzone allora, colto dal rimorso, parlò a cuore aperto al suo padrone confessando come avesse usato, in una sola occasione, quel denaro per sfamare i suoi bambini. Il signorotto stupefatto comprese la lezione e, da quel giorno, ogni mese regalò le cinque lire al garzone affinché mai, sulla sua tavola, mancasse il pane”.
Conclude Alessia riferendo che, il culto delle anime del purgatorio è particolarmente sentito a Cerreto e nel paese limitrofo di San Lorenzello; ciò nonostante, nel sentire popolare, la carità assume più valore di una messa di suffragio.

 

Franca Molinaro