La vita randagia di Bukowski, maledetto dall’anima sensibile

Applausi per la performance nell'ambito di Magnifico Teatro “A night with Hank!”

Benevento.  

Ha sempre una risposta per tutto, lui, Hank, che affoga la sua vita randagia in una vasca piena d’acqua e poi, alla fine, piena di vino, perché da quello, invero, trae linfa vitale per continuare a scrivere e a sperare, in qualche modo, di restare al mondo. Maltrattando chi può ed innanzitutto se stesso. In una stanza foderata di carta commerciale, con una scrivania dotata di telefono e macchina da scrivere. Sullo sfondo, appunto, la vasca illuminata da cui il protagonista continua ad entrare ed uscire, accendendo e spegnendo, a diretto contatto col pubblico, quelle lampadine che illuminano di volta in volta le sue verità.

Va in scena, così, la disperazione di Charles Bukowski, in “A Night with Hank”, pièce scritta da Francesco Nikzad e diretta e interpretata da Roberto Galano, per la rassegna “Magnifico Teatro” del Magnifico Visbaal. Non serve altro per costruire quel personaggio, in cui lo scrittore, suo malgrado, si trova costretto ad esistere e a resistere: “L’uomo – dice – è un animale che ha tre problemi: il cervello, l’amore, le donne.” Già. “Ma che ne sapete voi della vita?” – urla al pubblico, con il quale ingaggia un furioso, quanto espressivamente efficacissimo corpo a corpo, l’attore Roberto Galano, immergendosi perfettamente nella parte, e rivelando studio personale e ricerca approfondita su Bukowski.

E di qui, il via ad una riflessione a tutto tondo sull’umanità e sulle donne, che “devi provarne tante prima di trovare quella giusta, e poi devi tenerla sempre a 90 gradi (sic!) perché se lasci che si tiri su ed impari a camminare, poi se ne va.”
E’ un “tipaccio”, Hank e lo sa. Ma non se ne compiace. Perché vive in lui, comunque, anche se solo di notte, quell’angelo azzurro, quella parte emotivamente più sensibile dell’animo, ferita, ma non uccisa dalle violenze subite da bambino, a contatto con un padre-orco ed una madre fragile. E se è naturalmente impossibile, per lui, credere nelle fiabe raccontate da Walt Disney, in quel “Topolino” che incarna il “sogno americano” (tutti possono farcela e vincere, se vogliono!), non può fare a meno di provare tenerezza per la sua Linda Lee, che in qualche modo prova a redimerlo e a farlo incontrare con il suo più vero sé. E ciò a dispetto dei debiti che continua ad accumulare, dell’alcool che continua a bere, il suo vero “amico”, e delle crisi di astinenza quando prova a non assumerlo. Non c’è nulla da fare, però, e, quindi, nonostante lui si rifiuti di appiattirsi e di aspettare, occorre che continui, inevitabilmente, a resistere, ad indossare la maschera che il pubblico desidera e che ha fatto la sua fortuna.

Una pièce che entra a far parte di una sorta di “trilogia dei perdenti”, con due opere, su Charlie Chaplin e Van Gogh, ancora messe in scena da Nikzad e Galano. Applausi alla fine per una performance forte ed efficace, che, ancora una volta, non ha deluso. 

Prossimo appuntamento con la rassegna “Magnifico Teatro”, il 24 e 25 aprile, con “Il più grande. Vita e morte di Arpad Weisz, allenatore ebreo”, drammaturgia Simone Caputo, Ilaria Delli Paoli e Rosario Lerro con Roberto Solofria, regia Rosario Lerro. Uno spettacolo che va significativamente, per i suoi contenuti, in scena nei giorni della festa della Liberazione.

Maria Ricca