Si è commosso quando ha sentito l'avvocato Sergio Rando, che lo difende con il collega Antonio Ingroia, ex pm della Dda di Palermo, ricordare in aula che le indagini della guardia di finanza sulla presunta sottrazione di cibo agli ospiti di quello che in una trasmissione Rai era stato definito un “lager” da un ex dipendente, avevano restituito una realtà diametralmente opposta attraverso le parole dei pazienti, che avevano sostenuto di essere stati sempre trattati bene.
Parole che hanno emozionato Billo Carbone, 62 anni, di San Giorgio del Sannio, direttore della casa di riposo Villa Elisa, ad Apice, che il gup Pietro Vinetti, così come chiesto dal pm Licia Fabrizi, ha spedito a giudizio per circonvenzione di incapace: un 77enne di Benevento morto il 13 giugno 2022 nella struttura, che aveva lasciati in eredità a Carbine, con un testamento olografo, 2 milioni e 200mila euro, tra beni mobili- 1 milione ed 800mila euro investiti in un fondo – e due immobili.
Un testamento al centro di una inchiesta di carabinieri e fiamme gialle nata una denuncia dei cugini del 77enne, che, rappresentati dagli avvocati Nicola Micera e Antonio Visconti, avevano fatto presente che l'atto sarebbe stato redatto il giorno prima dell'ingresso nella struttura, e che nelle poche occasioni in cui avevano potuto incontrare il loro congiunto, lo avevano trovato su una sedia a rotelle, “con la costante presenza del direttore alle sue spalle”. Inoltre, il 77enne era apparso in stato confusionale, non riuscendo ad articolare un discorso completo sia durante gli incontri sia nel corso delle conversazioni telefoniche, quasi come fosse imbambolato. Avevano inoltre aggiunto che aveva anche lasciato presso la sua abitazione un altro testamento olografo a favore di un fratello, poi deceduto, con alcuni appunti sulle somme da lui possedute.
L'attività investigativa, con l'escussione di alcune persone e l'acquisizione della documentazione medica, avrebbe fatto emergere uno stato di deficienza psichica derivante da episodi di confabulazione per i quali era stata prescritta terapia con farmaci antipsicotici. Secondo gli inquirenti, la consulenza grafologica eseguita sul testamento avrebbe consentito di “appurare come lo stesso fosse stato redatto sotto dettatura, a più riprese, e non fosse il frutto della volontà del dante causa, che non avrebbe compreso il significato delle disposizioni testamentarie sottoscritte in favore del direttore della casa di cura ove veniva ricoverato il giorno successivo alla redazione”.
Oggi la discussione, con i difensori che hanno sollecitato il non luogo a procedere per il loro assistito. Di diverso avviso il giudice, che ha fissato per il 16 dicembre l'inizio del processo.