Assunzioni fittizie e indennità disoccupazione, 8 anni e 10 mesi a Cosimo Tiso

Prescritti tanti capi di accusa, pena ridotta anche per altri 6 imputati e confermata per settimo

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Benevento.  

La conferma di una condanna, una pena concordata e la riduzione delle altre dopo la dichiarazione di intervenuta prescrizione di un centinaio di capi di imputazione per truffa. E' la sentenza della Corte di appello per le otto persone condannate dal Tribunale di Benevento, il 1 aprile 2022, perchè coinvolte in una indagine del sostituto procuratore Maria Gabriella di Lauro e della guardia di finanza su una truffa in materia di indennità di disoccupazione. Oltre alla truffa, le accuse contestate a vario titolo: associazione per delinquere, reati tributari, riciclaggio e autoriciclaggio.

Queste, in particolare, le decisioni dei giudici (tra parentesi la condanna in primo grado): 8 anni, 10 mesi e 26 giorni (12 anni) a Cosimo Tiso (avvocati Ettore Marcarelli e Vincenzo Sguera), 56 anni, di Sant'Angelo a Cupolo, indicato come promotore e dominus di un'associazione per delinquere, 4 anni – concordato – (7 anni) a Gabriella Musco (avvocato Pasquale Matera), 48 anni, 4 anni e 1 mese (6 anni) a Gaetano De Franco (avvocato Antonio Leone), 48 anni, di Benevento, 4 anni e 8 mesi (5 anni) a Maria Rosaria Canu (avvocato Massimiliano Cornacchione), 52 anni, di Sant'Angelo a Cupolo, 4 anni e 6 mesi (4 anni e 10 mesi) a Pasqualino Pastore (avvocato Mario Villani), 58 anni, 4 anni, 3 mesi e 10 giorni( 4 anni e 4 mesi) a Tullio Mucci (avvocato Leone), 51 anni,2 anni e 1 mese (3 anni) a Maurizio Marro (avvocato Villani ), 61 anni, 4 anni, come in primo grado, a Sergio Antonio Fiscante (avvocati Carmine Lombardi e Domenico Cristofaro), 61 anni, tutti di Benevento.

Come più volte ricordato, nel mirino era finito un reticolo di società, definite cartiere, che sarebbero servite da un lato per utilizzare ed emettere fatture per operazioni inesistenti e, dall'altro, adoperate per l'assunzione fittizia di personale, per consentire la percezione indebita di indennità di disoccupazione in seguito al licenziamento. Indennità “accreditate sui conti correnti accesi dai beneficiari e versate in tutto o in parte ai vertici” dell'associazione.

Un modus operandi che avrebbe consentito di creare crediti fittizi di imposta da compensare con i versamenti contributivi dovuti per le false assunzioni. Costi mai sostenuti, dunque, ma così sarebbero state gettate le basi per assumere un gran numero di dipendenti, per poi licenziarli e permettere loro di percepire le indennità. Ottanta i beneficiari delle condotte contestate: alcuni mesi fa cinquantuno rinvii a giudizio e ventinove dichiarazioni di prescrizione.