Era in programma questa mattina, ma è slittata al 12 febbraio, quando le difese chiederanno al gup Loredana Camerlengo il rito abbreviato, l'udienza preliminare a carico delle sei persone tirate in ballo a vario titolo dall'inchiesta del pm Giulio Barbato e della guardia di finanza sul fallimento dell'Antica trattoria Pascalucci, dichiarato dal Tribunale di Benevento nel maggio 2018 con un passivo accertato di oltre 2 milioni di euro.
Si tratta di Pasquale Ucci, 61 anni, di San Nicola manfredi, chiamato in causa come titolare dell'impresa e amministratore di fatto di altre due società: la 'F & P srl', costituita nel 2015, e della 'E & M sas', costituita nel febbraio 2014; del figlio Ennio, 31 anni, socio accomandante della 'E& M' e poi socio accomandatario; della moglie Antonietta Fischetti 57 anni, intestataria di due conti correnti presso altrettante banche; di Domenico Farina, 55 anni, di Teverola, amministratore di diritto della 'F&P' dal 13 maggio 2016 all'11 maggio 2018. Completano l'elenco Giovanni Pancione, 34 anni, di San Nicola Manfredi, dall'11 maggio 2018 amministratore di diritto della 'F&P', e Massimo Profita, 35 anni,di Sant'Angelo a Cupolo, nipote di Ucci, socio accomandatario della 'E&M' (già di Profita Massimo), dalla costituzione fino all'aprile 2020, difesi, tra gli altri, dagli avvocati Teodoro Reppucci, Nazzareno Fiorenza e Fabio Russo.
Nel mirino una presunta bancarotta fraudolenta: secondo gli inquirenti, prima e dopo la sentenza di fallimento, gli imputati, in concorso tra loro, avrebbero distratto “l'azienda dell'impresa fallita mediante la stipula di un primo contratto di affitto di ramo di azienda da parte di Pasquale Ucci in favore della 'F&P', e di un successivo contratto di cessione di contratto di affitto di ramo di azienda da parte della 'F&P' in favore della 'E&M'”. Due società attraverso le quali, sostiene l'accusa, Ucci avrebbe continuato a svolgere l'attività di ristorazione. Attenzione puntata, inoltre, sulla presunta distrazione di 822mila euro dal patrimonio dell'impresa fallita.
L'inchiesta era rimbalzata all'attenzione pubblica nel giugno 202i, quando Ucci era stato sottoposto al diveto di dimora nel Sannio, revocato sei mesi dopo. Durante l'interrogatorio aveva ripercorso i passaggi della vicenda, sostenendo di aver presentato lui la richiesta di fallimento, e non altri, quando si era reso conto che non c'erano più le condizioni per il concordato.
A parere della Procura, invece, invece, l'istanza di concordato avrebbe avuto una finalità dilatoria sulla dichiarazione di fallimento. L'allora 58enne aveva inoltre sottolineato che, come capita in ogni fallimento, le sue proposte – è il caso del contratto di fitto di un ramo d'azienda – avevano avuto il via libera dagli organi fallimentari, dal curatore e dal comitato dei creditori.