Due mesi di calvario, aveva 26 anni: Antonio morto per carenza assistenziale

Benevento. Operato alla Nuova clinica Santa Rita. Giudizio civile, così i consulenti del giudice

due mesi di calvario aveva 26 anni antonio morto per carenza assistenziale

Sul versante penale, il Gip non ha ancora deciso se archiviare l'indagine o disporre l'imputazione coatta per un chirurgo ed un radiologo

Benevento.  

In attesa che il gip Roberto Nuzzo decida, dopo la camera di consiglio del 24 giugno, se disporre l'archiviazione dell'indagine penale, chiesta dalla Procura, o ordinare l'imputazione coatta per un chirurgo ed un radiologo della Nuova clinica Santa Rita (sono difesi dagli avvocati Angelo Leone e Vincenzo Sguera), sollecitata dalle parti offese – sono rappresentate dagli avvocati Antonio Leone e Francesco Del Grosso -, arriva una novità rispetto alla drammatica fine di Antonio Pagnano, 26 anni, di Colle Sannita, morto il 5 febbraio 2020 dopo più interventi chirurgici.

Ad offrirla sono le conclusioni dei professori Bruno Di Filippo e Gaetano Buonocore, ai quali il giudice Flavio Cusani aveva affidato l'incarico di una consulenza medico legale d'ufficio nel giudizio civile intentato dai genitori di Antonio. Secondo i due specialisti, “la “carenza assistenziale” da parte della struttura S. Rita è da correlarsi causalmente ed in maniera diretta con il decesso poi sopravvenuto”.

Un'affermazione alla quale giungono dopo la valutazione della documentazione riguardante la storia del giovane, che il 29 novembre 2019 era stato operato presso la Nuova Clinica Santa Rita per la rimozione di un “linfangioma cavernoso retroperitoneale”. Erano sorte delle complicazioni, il 3 dicembre era stato sottoposto ad un ulteriore intervento d'urgenza, poi il giorno seguente era stato trasportato dal 118 al Rummo, dove era rimasto ricoverato fino al 5 febbraio 2020, quando il suo cuore aveva smesso di battere per sempre nonostante altri interventi praticati per cercare di salvarlo.

I consulenti nominati dal giudice evidenziano che la “diagnostica preoperatoria appare insufficiente, basandosi infatti sulla sola Tac (fatta in altra sede) e su ecografia. Una Risonanza magnetica avrebbe con alte probabilità o indotto il chirurgo per la contiguità dei vasi mesenterici ed il coinvolgimento dell’area duodeno-digiunale a soprassedere all’intervento chirurgico con consiglio di ricovero presso struttura complessa o comunque consentito un approccio più programmato e sicuro”. Ecco perchè, a detta di Di Filippo e Buonocore, il chirurgo “avrebbe agito in maniera” presuntamente “imprudente e negligente”.

E ancora: “La mancata corretta programmazione, a nostro avviso, è da ritenersi censurabile e condizionerà il risultato terapeutico dell’intervento del 29/11 favorendo la lesione vascolare e la resezione digiunale per danno ischemico. Anche il mancato trasferimento tempestivo alla comparsa della complicanza emorragica, che non mostrava segni di shock, e la scelta di effettuare presso la Clinica S.Rita la relaparotomia, appaiono censurabili e determinerà una mancata diagnosi di fissurazione digiunale e di pancreatite che saranno determinanti nella comparsa dello stato settico addominale che porterà allo shock, strutturandosi così una “carenza assistenziale””.