Si è portato dietro un bel po' di documenti. Appena si è seduto dinanzi al Tribunale – resterà lì per quattro ore -, ha declinato le sue generalità, poi il presidente del collegio giudicante, Fallarino (a latere Telaro e Nuzzo), dopo avergli ricordato che poteva avvalersi della facoltà di non rispondere, gli ha chiesto se intendesse sottoporsi all'esame. Felice Panzone, uno dei 36 imputati nel processo nato dall'inchiesta della Digos sulla gestione di alcuni centri migranti nel Sannio, attendeva questo momento da tempo e non ha avuto dubbi: “Certo che si”.
Le domande iniziali del pm Patrizia Filomena Rosa, alle quali sono seguite quello del suo difensore, l'avvocato Alessio Lazazzera, e degli avvocati Pietro Farina (ha insistito su un colloquio intercettato con il suo assistito, Paolo Di Donato) e Antonella Maffei, gli hanno consentito di precisare che “nel luglio 2015 sono stato trasferito dal Commissariato di Ariano Irpino alla Prefettura di Benevento, assegnato al servizio amministrativo- contabile. Ad ottobre, quando ha sostituito la Circelli, il viceprefetto vicario Giuseppe Canale ha deciso di avvalersi della mia collaborazione al servizio immigrazione. Fino al dicembre 2016 sono stato il front office dello stesso servizio, Canale mi aveva affidato il compito di interloquire con quanti avevano bisogno di informazioni o volevano aprire dei centri”.
In quel periodo – ha proseguito - "mi sono occupato delle problematiche di 75 strutture con 3mila ospiti, sapevo ogni giorno quanti posti avevano a disposizione, ma è sempre stato Canale ad assegnare i migranti, io non l'ho mai fatto né avrei potuto farlo, tranne che in una occasione”. Il funzionario, dal 2018 sospeso anche dallo stipendio, ha svelato i contorni di un episodio non conosciuto: “Canale ebbe dalla Squadra mobile la richiesta di trovare in assoluta segretezza un posto per una testimone di giustizia in una indagine sulla tratta degli esseri umani condotta in un'altra provincia. Mi diede questo incarico, l'ho portato a termine, non credo di poter rivelare la sistemazione data in forma anonima alla donna: è stata l'unica volta in cui ho scelto io”.
Panzone ha poi sottolineato “l'ossessiva ricerca di posti in un momento nel quale Benevento e la provincia, con l'arrivo quotidiano di migranti, erano stati investiti da uno tsunami”. Una rappresentazione alla quale il Pm ha contrapposto il numero degli arrivi (5mila) in tutta Italia. Ha inoltre ribadito che, rispetto alle assegnazioni, la “Prefettura non ha favorito o sfavorito qualcuno, avevamo una mission che però è fallita: aprire un centro in ogni paese”, quindi ha citato il caso, emerso “nelle more espletamento delle gare”, di due “bellissimi bed & breakfast nel centro di Benevento al quale furono date 20 donne affette da scabbia. Il titolare le accolse, poi rinunciò, non era pronto....”.
Quanto al sovraffollamento, l'imputato lo ha fatto risalire “alla condizione di esubero in cui la Prefettura aveva messo tutti i centri: eravamo obbligati a fare così per motivi di emergenza”. Infine, in relazione al contenuto di alcune intercettazioni, ha spiegato “la goliardia di certe chiacchierate tra due maschi il cui testo trascritto non contiene sorrisi e risate”, e che la Prefettura “assisteva ogni mese alla consegna del pocket di 2 euro e mezzo ad ogni migrante da parte del responsabile del centro”.
E' slittato al 10 ottobre, invece, l'esame di un altro imputato, Giuseppe Pavone (avvocato Luca Guerra), dipendente del Tribunale, chiamato in causa per due contestazioni di truffa allo Stato riguardanti le assenze dal luogo di lavoro per malattia o per permessi legati alle legge 104 che avrebbe utilizzato per le consegne per conto dell'impresa della coniuge.