Ieri mattina. Entro in un negozio per acquistare un paio di taniche di plastica da riempire di acqua in vista dell'interruzione dell'erogazione in programma da venerdì a domenica prossima. Mi viene incontro un commesso che mi chiede quale sia la capienza scelta. Venti litri, rispondo. Apre una scala e la sale tutta per prelevare gli agognati contenitori dalla parte più alta di una scaffalatura. “Fate provvista?, eh...”, mi dice con un ghigno beffardo.
Il mio assenso è accennato, ai limiti della ritrosia, ma lui, divertente e sfrontato, non si accontenta. Evidentemente non gli basta il mio mezzo mugugno, affonda impietosamente la lama nella ferita dell'inevitabile disagio: “A noi poveri delle zone basse non la tolgono...”. Una pausa brevissima, poi riprende: “Una volta a testa, ora tocca a voi ricchi che abitate nella parte alta”, conclude con una malcelata soddisfazione intrisa di vendetta sociale. Ricco a chi?, vorrei rispondergli. Non mi conosce, è solo un luogo comune quello che ha speso. Invece abbozzo, pago e vado via.
Quelle parole non mi escono però dalla testa, ripenso alla convinzione, ancora diffusa nell'immaginario collettivo, che esista una distinzione netta tra le diverse zone della città, modellata dall'accetta del censo. Una generalizzazione del tutto inutile: per quel che mi riguarda, pur risiedendo nel quartiere Cappuccini, non ho certamente una condizione di agiatezza economica.
I miei nonni materni, commercianti, vivevano al rione Libertà, il più popoloso e popolare di Benevento. Quello affollato da una stragrande maggioranza di persone perbene che lavorano, nel quale ho trascorso giornate bellissime, tra improvvisate partite di pallone in strada e la felicità per le bancarelle e le giostre installate durante le feste.
E' vero, allora era forte la sensazione di una separatezza: vado a Benevento, sentivo ripetere spesso ai più grandi. Come se il ponte sul fiume Sabato rappresentasse una sorta di 'frontiera' che permetteva l'accesso al centro, al Corso da quella parte del capoluogo nata dopo la guerra. Un passaggio che marcava una differenza, progressivamente quasi annullata nel tempo, in termini di presenza di strutture ed uffici pubblici, che rendeva il rione una sorta di 'corpo estraneo'.
Un quartiere che ha poi pesantemente pagato dazio, e continua a farlo, perchè frequentemente teatro, nonostante gli sforzi di quanti si impegnano quotidianamente, di fatti di cronaca che sono la conseguenza, spesso, di tossicodipendenze e degrado. Tutto ciò non significa, però, che altrove, a Benevento, sia tutto in regola perchè dinanzi ai palazzi è stato affisso il cartello con la scritta “qui ci sono i soldi”. Non è così, sarebbe troppo banale. Ecco perchè, caro commesso che mi hai sfottuto, la prossima volta dillo ad un altro che faccio parte dei ricchi.