'Tabula rasa 2': assoluzione confermata per 2 Sparandeo, Piscopo e Di Pietro

Benevento. La sentenza della Corte di appello su accusa di estorsione a titolare pub di Ceppaloni

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Benevento.  

Confermata dalla Corte di appello l'assoluzione stabilita dal Tribunale nel novembre del 2018, perchè il fatto non sussiste, per le quattro persone di Benevento rimaste impigliate in una un'indagine dei carabinieri e della Dda su una estorsione, aggravata dal metodo camorristico, ai danni del titolare di un pub-pizzeria a Ceppaloni.

E' l'epilogo della lunga udienza di ieri, scandita da una serie di deposizioni, tra le quali quella del commerciante, che ha nuovamente escluso di aver subito minacce o pressioni, e dalla discussione: da una parte il procuratore generale, che ha proposto un'assoluzione con la formula dubitativa, dall'altra l'avvocato Antonio Leone, che ha insistito perchè venisse ribadita, così come è avvenuto, l'assoluzione dei suoi assistiti. Si tratta di di Corrado Sparandeo, 36 anni, Giuseppina Piscopo, 38 anni, Silvio Sparandeo, 32 anni, e Italo Di Pietro, 39 anni, per i quali in primo grado era stata chiesta la condanna alle seguenti pene: 14 anni per Corrado Sparandeo, 10 anni e 8 mesi per Giuseppina Piscopo, Silvio Sparandeo e Italo Di Pietro.

Tabula rasa 2' il nome in codice dato all'operazione che era finita all'attenzione dell'opinione pubblica il 26 gennaio del 2015, con l'esecuzione di quattro ordinanze di custodia cautelare. I destinatari erano poi tornati in libertà in momenti diversi.

Il blitz era stato l'epilogo di un'attività investigativa supportata da intercettazioni ambientali e telefoniche. Le prime nel carcere di Secondigliano, dove era detenuto Corrado Sparandeo, che, secondo la Dda, “attraverso i colloqui con i familiari, avrebbe continuato a gestire il clan e a dirigere le attività illecite”. Come nel caso dell'episodio al centro dell'inchiesta. Quando il giovane avrebbe parlato del ritiro di una somma dal proprietario dell'attività di ristorazione. Appuntamento fissato attraverso Di Pietro in un bar del rione Libertà, dove Piscopo, accompagnata da Silvio Sparandeo, aveva incontrato la presunta vittima, per la consegna dei soldi.

Interrogati dal gip dopo l'arresto, gli allora indagati avevano sostenuto che il denaro – 200 euro - era solo un regalo che il proprietario della pizzeria avrebbe spontaneamente fatto a Corrado Sparandeo. Csì come aveva affermato la parte offesa, che aveva sostenuto che i soldi sborsati – 800 euro, secondo l'accusa - altro non erano che un gesto di liberalità nei confronti di persone che conosceva da tempo. Tutt'altra, invece, la ricostruzione degli inquirenti, che ritengono quel denaro una tangente che sarebbe stato costretto a pagare.