Ad un tratto, mentre parlava del concorso della figlia, al quale aveva fatto riferimento durante uno dei tre interrogatori successivi all'arresto, si è commosso, al punto che è stata necessaria una breve pausa.
“E figl so' piezz' 'e core”, recita una massima del dialetto napoletano che è stata anche il titolo di un film con Mario Merola, ed è così anche per Giuseppe Sparaneo (avvocato Domenico Chindamo), 53 anni, funzionario, in servizio, dei vigili del fuoco di Benevento, una delle cinque persone a giudizio per l'inchiesta della guardia di finanza sui concorsi per l'accesso alle forze dell'ordine.
Per quattro ore Sparaneo è rimasto seduto dinanzi al Tribunale, rispondendo al pm Francesco Sansobrino – è stato trasferito a Taranto, ma il Csm lo ha applicato a Benevento per i processi, appunto, sui concorsi, e sugli appalti della Provincia-, che ha diretto l'inchiesta, e confermando, pur con qualche precisazione e l'indicazione di una presunta truffa che sarebbe stata compiuta per la selezione per l'ingresso in polizia, quanto aveva già affermato.
Il 6 dicembre dovrà invece affrontare il fuoco di fila delle domande dei difensori degli altri imputati: il viceprefetto Claudio Balletta (avvocato Bruno Naso), 67 anni, di Roma, del Dipartimento dei vigili del fuoco,Antonio De Matteo (avvocato Antonio Leone),70 anni, di Benevento, funzionario in pensione dei vigili del fuoco, Antonio Laverde (avvocato Mauro Iodice), 46 anni, originario di Benevento ma residente a Fonte Nuova, in provincia di Roma, maresciallo della Finanza in servizio al Comando generale, e Vito Russo (avvocati Vincenzo Sguera e Francesca Golia)), 41 anni, di Benevento, carabiniere in forza a Roma.
Associazione per delinquere (contestata a Balletta, De Matteo e Sparaneo) e corruzione le accuse, attenzione puntata su un presunto giro di denaro per le selezioni di accesso – anche quelle ancora non pubblicate – a vigili del fuoco, finanza, polizia e carabinieri.
L'indagine, supportata da intercettazioni ambientali e telefoniche, operate anche con l'uso del trojan installato nello smartphone di De Matteo, ha messo nel mirino le pen drive con i quiz per i concorsi che sarebbero state consegnate ad oltre 100 candidati o loro familiari dal settembre 2019 al marzo 2020 in cambio, da ciascuna di loro, di 2mila euro.
Centodieci i beneficiari – candidati e loro familiari -, per i quali l'inchiesta si è chiusa alcuni giorni fa. Per loro si procede a parte, al pari di altre tre persone coinvolte nel filone principale: per loro udienza preliminare a febbraio.