A sette anni dall'alluvione che colpì il Sannio c'è ancora tanto da fare

Il 15 ottobre del 2015 parte di Benevento e tanti paesi sommersi da acqua e fango, il ricordo

a sette anni dall alluvione che colpi il sannio c e ancora tanto da fare
Benevento.  

Sono trascorsi sette anni dall'alluvione e qualcosa è cambiato. Forse poco, ma non si può dire che nulla sia stato fatto. 14 e 15 ottobre del 2015 resteranno per tantissimi sanniti una data che non si potrà mai dimenticare. Un'eccezionale precipitazione provocò smottamenti, frane e lo straripamento dei fiumi e torrenti di questa provincia. Il Calore si riversò nei quartieri ponticelli, rione ferrovia, Ponte a Cavallo, contrada Pantano di Benevento e Ponte Valentino inondando case e attività commerciali. Tanti i paesi finiti sotto colate di fango. Un disastro economico – la stima si aggira intorno ai 120 milioni di euro e morale, specialmente per le due vittime: una pensionata di Pago Veiano travolta dal fango e dall'acqua dinanzi alla sua abitazione e di un uomo di Montesarchio stroncato da un malore mentre spalava fango. Due drammi al quale si aggiunse una terza tragedia: un giovane tecnico dell'Enel morto folgorato nella zona tra ponte Valentino e Acquafredda mentre stava ripristinando una delle tantissime linee elettriche danneggiate dall'eccezionale ondata di maltempo.

Decine e decine le scene drammatiche. Famiglie evacuate con gli elicotteri, persone aggrappate ai pali elettrici e telefonici recuperate dai gommoni dei vigili del fuoco.

La mattina del 15 ottobre 2015 non a tutti fu chiaro da subito la dimensione di quella calamità naturale piombata su gran parte della provincia. Chi più e chi meno registrò danni. Anche i Comuni non attraversati dai corsi d'acqua subirono l'onda del maltempo con spaventose frane e smottamenti.

Tantissimi i vigneti distrutti sia dalla furia dell'acqua del calore che da quella degli smottamenti che nella zona di Vitulano, Paupisi, Ponte e tanti altri paesi crearono danni enormi sia alle costruzioni che al commercio e all'agricoltura.

La macchina imponente e talvolta volontaria dei soccorsi partì quasi subito, non appena gli elicotteri cominciarono a sorvolare l'intera provincia. Un quadro chiaro dei danni infatti venne certamente dall'alto.

Dalle drammatiche scene nacquero storie di solidarietà, di vicinanza tra territori e tra regioni. I sanniti in quell'occasione si sono davvero rimboccati le maniche per spalare fango e le lacrime di chi in una notte aveva perso tutto. A partire dalle famiglie, dai commercianti, ristoratori, artigiani, industriali. Tutti uniti per il rilancio del territorio.

Una calamità naturale che però spazzò via tante attività. Tante storie di piccole aziende che non hanno avuto la forza di rialzarsi.

Poi i progetti, gli intenti di mettere in sicurezza un territorio che all'improvviso, diciamo così, si è scoperto fragile, vulnerabile specialmente dal punto di vista idrogeologico.

Prioritaria la pulizia dei fiumi, per troppi anni lasciati al loro destino. Greti che nei decenni si sono alzati a dismisura. Oggi qualcosa si sta muovendo e i lavori sono in corso in numerosi tratti del fiume. Una pulizia che per via delle normative fatte decenni fa e mai adeguate non riesce a però a soddisfare l'esigenza di una pulizia più accurata dei fondali pietrosi dei nostri fiumi.

Grazie ai fondi arrivati ai Comuni e anche alla Provincia si è cercato e si sta ancora oggi cercando di mettere in sicurezza infrastrutture e territorio. Un lavoro non semplice ma fondamentale e ancora da completare.

Intanto, accade spesso, che le persone colpite da quella terribile alluvione, ad ogni temporale, ogni allerta meteo – che all'improvviso da quel giorno si sono moltiplicate a dismisura e a volte senza un reale riscontro – guardano con sospetto quella lingua di terra o di bosco che li separa dai fiumi, dai monti e da tutto ciò che quella notte piombò nelle loro case, nelle attività sotto forma di acqua o di fango. Di qui la necessità di completare le opere di messa in sicurezza, avviare i lavori ancora non partirti e rispettare l'ecosistema per cercare di tranquillizzare i residenti delle aree a rischio che ancora oggi non dormono sonni tranquilli.