Le ipotesi di omicidio e violenze sessuale, coltivate per quattro anni e mezzo, sono state archiviate, ed in piedi c'è l'accusa di abbandono di minore, contestata a Daniel Ciocan, 27 anni, e alla sorella Maria Cristina, 36 anni – sono entrambi assistiti dall'avvocato Salvatore Verrillo-, i due giovani rumeni tirati in ballo dall'indagine sulla morte di Maria, la bimba di 9 anni che il 19 giugno del 2016 era stata rinvenuta senza vita, annegata, nella piscina di un casale a San Salvatore Telesino.
Una vicenda drammatica al centro delle cronache per lungo tempo, che la Corte di Assise, dinanzi alla quale è in corso il processo, non conosce. E questo spiega la citazione dei testi che hanno deposto oggi: oltre ai due periti incaricati di trascrivere le intercettazioni telefoniche ed ambientali, ad un vicebrigadiere dei carabinieri che per primo era entrato nell'area della piscina, e ai genitori della bimba, due consulenti del Pm: i professori Claudio Buccelli e Franco Introna, e Cristoforo Pomara, uno dei tre periti – degli altri, Ciro Di Nunzio e Franco Sessa, sono state acquisite le valutazioni – nominati dal gip Vincenzo Landolfi nel 2019 durante l'incidente probatorio costellato anche dalla riesumazione della salma della piccola.
Secondo gli inquirenti, la sera della tragedia Maria era con gli imputati a bordo della Polo con la quale Daniel era andato a prendere la sorella a Telese. Loro l'avrebbero condotta prima all'esterno del resort, poi nell'area della piscina; quindi sarebbero andati via e l'avrebbero lasciata lì, senza preoccuparsi del fatto che la bimba non sapesse nuotare e che avesse timore dell'acqua, nella quale si sarebbe immersa, perdendo la vita.
Il papà e la mamma della minore, parti civili, sono rappresentati dagli avvocati Fabrizio Gallo e Serena Gasperini. Si torna in aula il 4 novembre.