Da una parte il ritrovamento, all'interno del palazzo di giustizia di Benevento, di un plico contenente un registratore con 21 tracce audio di colloqui tra due persone, dall'altra l'arrivo, alla guardia di finanza di Napoli, di un esposto accompagnato dalle stesse registrazioni.
Siamo nell'aprile del 2018, sono questi i due momenti che segnano l'avvio dell'inchiesta che ieri mattina è sfociata negli arresti domiciliari disposti dal gip Loredana Camerlengo a carico del dottore Antonio Piscopo (avvocato Gigi Ferrante), 68 anni, chiamato in causa per fatti che si sarebbero verificati mentre era direttore del reparto di Ortopedia del Fatebenefratelli, ospedale per il quale da due anni lavora come professionista esterno: una condizione che, a parere del Gip, si traduce nella sussistenza del pericolo di reiterazione del reato..
Corruzione ed emissione di fatture per operazioni inesistenti - eseguito anche un sequestro preventivo di beni mobili e immobili fino alla concorrenza del valore di 576 mila euro-, queste le ipotesi di reato contestate in una indagine del pm Assunta Tillo e delle fiamme gialle.
Gli inquirenti sono convinti che Piscopo avrebbe ricevuto “denaro o altre utilità” per compiere atti contrari ai doveri di ufficio, consistiti nell’acquisto di protesi riconducibili alle ditte rappresentate da due persone, una delle quali deceduta – l'altra è indagata a piede libero-.
Un quadro desunto da un'attività investigativa che, dopo aver accertato l'identità di coloro che comparivano nell'esposto e nei dialoghi registrati, è stata scandita dall'acquisizione di documenti, anche bancari e fiscali, e da una serie di perquisizioni. In particolare, dall’analisi delle agende e dei fogli manoscritti ritenuti riconducibili a Piscopo, sarebbe emerso che il medico avrebbe tenuto “una vera e propria contabilità personale, risultata estremamente utile per la prosecuzione delle indagini, giacché erano registrati i proventi dell’attività “lecita” svolta come sanitario presso l’Ospedale di Benevento, nonché di quella derivante dallo svolgimento di visite private, ma anche di quella “illecita” percepita in nero ovvero di quella, sempre di natura illecita, provento di elargizioni derivanti dai rappresentanti di tre società”.Tutto ciò sarebbe stato dedotto “grazie alle sigle annotate dallo stesso indagato a margine delle somme riportate negli appunti personali.
E ancora:”per giustificare e contabilizzare l’imponente flusso di denaro che confluiva annualmente dai conti delle società verso quelli del sanitario, era stato escogitato il ricorso ad apparenti “incarichi professionali” conferiti dalle società al Piscopo, per lo svolgimento di consulenze e corsi di formazione; vi erano anche formali lettere di conferimento di incarico, ma tali corsi non risultavano essere stati svolti e neppure le consulenze”.
Nell'ordinanza viene ricordata l'escussione del direttore amministrativo dell'ospedale – parte offesa con l'avvocato Gerardo Orlando-, Giovanni Carrozza, il quale aveva sostenuto che si era reso necessario nel corso degli anni stipulare dei contratti con alcune ditte fornitrici, e che il chirurgo era anche Iibero di poter scegliere prodotti forniti da una ditta con la quale non fosse in corso alcuna convenzione se le particolari esigenze Io richiedevano. Carrozza aveva anche precisato che tra i maggiori fornitori delI’Ospedale — in particolare 9 ditte - c’erano anche due di quelle finite nel mirino. Una delle quali, a detta dell'accusa, avrebbe erogato a Piscopo ogni mese, “a titolo di speciale remunerazione per l’utilizzo delle protesi fornite, l’8% del ricavato”.
Fin qui la ricostruzione di Pm e Gip, ora l'attesa è per ciò che Piscopo, se non si avvarrà della facoltà di non rispondere, dirà al giudice durante l'interrogatorio di garanzia, quando avrà la possibilità di fornire la sua versione dei fatti che gli sono stati addebitati.