Prima il no alla richiesta di un termine per riproporre una nuova istanza di ricusazione (alla precedente avevano rinunciato), avanzata dalle difese dopo aver saputo questa mattina che il Tribunale aveva respinto la sua dichiarazione di astensione, poi la decisione del gup Graziamaria Monaco, che ha spedito a giudizio, come proposto dal pm Donatella Palumbo,cLorenzo Falzarano, 58 anni, la moglie, Loredana De Simone, 51 anni, di Airola, ritenuti amministratori di fatto della 'Ecologia Falzarano', Vittorio Lana, 60 anni, di San Giorgio a Cremano, rappresentante legale della stessa, e Ilaria Valletta, 47 anni, di Moiano, chiamata in causa come amministratore della Eco Energy', assistiti dagli avvocati Antonio Castiello, Ivano Chiesa, Giulia Bongiorno, Maria Cornacchia, Francesco Fabozzi e Flavio Lamberti.
Il 10 novembre, dinanzi al secondo collegio, il processo a carico delle persone coinvolte nel secondo troncone di una inchiesta della guardia di finanza sulle vicende della società Ecologia Falzarano che, dopo essere stata impegnata per anni nel settore dello smaltimento dei rifiuti in più regioni italiane, è stata dichiarata fallita dal Tribunale di Benevento il 17 giugno del 2020 ed affidata alla curatela, parte civile con l'avvocato Sergio Rando. Parte civile anche un ex dipendente con l'avvocato Teresa Medccariello.
Le accuse a vario titolo: bancarotta fraudolenta (documentale e dissipativa), autoriciclaggio e reati tributari. Come più volte ricordato, e secondo gli inquirenti, sarebbero stati dissipati “i beni aziendali della società fallita, determinando l’insorgenza di un passivo fallimentare di circa 80 milioni di euro non comprensivo delle istanze di ammissioni tardive, a fronte di un attivo di poco più di 18 milioni”.
Il Pm ritiene che sarebbero state “distratte somme di denaro per oltre 9 milioni di euro dal 2014 al 2018 a favore di un'altra società sempre a loro riconducibile, in parte mediante fittizi noleggi di automezzi documentati da fatture per operazioni inesistenti ed in parte mediante l’utilizzo del mastrino “fornitori c/anticipi”, in realtà mai eseguiti, per giustificare contabilmente i movimenti finanziari”.
Inoltre, sostiene l'accusa, “allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, o di recare pregiudizio ai creditori, in parte occultavano, sottraevano o comunque omettevano di tenere i libri e le altre scritture contabili obbligatorie, con particolare riferimento al Registro dei beni ammortizzabili ed i libri sociali, mentre con riferimento ai periodi d’imposta dal 2013 al 2020 tenevano le scritture contabili in modo lacunoso tale da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari della società dichiarata fallita”.