Di Donato mi ha telefonato tre volte, quegli incontri con prefetto e funzionari

Processo sui centri per migranti, in aula la sindacalista Cgil Rosita Galdiero

di donato mi ha telefonato tre volte quegli incontri con prefetto e funzionari
Benevento.  

Due ore e mezza filate via tra i “mi oppongo, ha già risposto su questa circostanza, non può fare commenti” pronunciati, a turno, dalle parti, e gli interventi del presidente del collegio giudicante, Daniela Fallarino (a latere Francesca Telaro e Gabriele Nuzzo), per riportare il confronto nell'alveo della tranquillità.

Non è stato semplice, anche per il rumore di fondo del condizionatore dell'aula Falcone – Borsellino, ascoltare la deposizione della sindacalista della Cgi Rosita Galdiero, che con la sua denuncia del 4 febbraio del 2016 aveva innescato l'indagine della Digos sulla gestione di alcuni centri per migranti nel Sannio, puntando l'attenzione, in particolare, sul consorzio Maleventum, di cui Paolo Di Donato è ritenuto il deus ex machina.

Un'inchiesta sfociata in un processo, tornato a Benevento a distanza di un anno, a carico dello stesso Di Donato e di altre trentacinque persone chiamate in causa, a vario titolo, per le accuse di associazione per delinquere, falso, truffa, concussione, rivelazione di segreti di ufficio.

Dopo l'acquisizione di tre verbali con le dichiarazioni della Galdiero, e degli screenshot di alcuni mesaggi via Wathsapp inviati alla sindacalista da Di Donato, ad 'aprire le danze' delle domande rivolte ad un suo teste è stato il pm Patrizia Filomena Rosa.

“Nel luglio del 2015 – ha ricordato Galdiero, sotto scorta non per questa vicenda- alcuni cittadini extracomunitari vennero in Cgil per lamentare le condizioni del centro Damasco a Castelvenere. Dissero che non ricevevano i pocket money, che non avevano la carta d'identità, che riuscimmo ad ottenere attraverso il sindaco Scetta, e che i permessi di soggiorno erano in possesso dei gestori della struttura. Andammo sul posto, poi, dopo una visura, riuscii a risalire al consorzio Maleventum e a Di Donato, che ho incrociato ogni volta che ho visitato gli altri centri a Dugenta, Montesarchio, Tocco Caudio, Airola e alla contrada Madonna della salute di Benevento (Damasco 12). Era sempre arrabbiato, mi diceva di andar via”.

Galdiero ha poi riferito su tre telefonate intercorse con Di Donato: “Nella prima mi offrì di collaborare, affermando che avrei potuto guadagnare dei soldi attraverso dei corsi di formazione, nella successiva mi parlò dei suoi influenti amici politici, facendo il nome di Del Basso De Caro. Gli risposi che non mi interessava la sua proposta e che non rispondevo alla politica, mentre nell'ultima mi fece sapere che era conoscenza di dove abitassi e degli orari di uscita e rientro a casa”.

La ricostruzione di Galdiero è poi proseguita con le richieste inviate alla Prefettura perchè convocasse,”cosa mai avvenuta”, l'Osservatorio sull'immigrazione, del quale faceva parte, e sull'incontro con Felice Panzone, fino al gennaio 2017 funzionario aggregato alla Prefettura di Benevento, anch'egli imputato. "Dalla portineria del Palazzo del governo mi hanno indirizzato da lui, gli descrissi il problema dei pocket money a Castelvenere, mi rassicurò sostenendo che era lui a portarli lì, e che tutto sarebbe stato risolto. L'ho incontrato in un'altra occasione, nel centro a Castelvenere, ma non dopo alcune ore dal primo contatto”, ha successivamente precisato rispondendo all'avvocato Alessio Lazazzera, che assiste Panzone. Attenzione puntata, poi, sugli incontri con l'allora vicario della Perfettura, Giuseppe Canale. “Per questi incontri – ha spiegato la dottoressa Rosa – è stato fatto uno stralcio, c'è un altro procedimento”.

Due incontri nel corso dei quali – ha continuato Galdiero – “siamo stati inizialmente invitati a non andare nei centri perchè non autorizzati. Nella seconda occasione, invece, ci aveva comunicato che avremmo potuto farlo se la Prefettura fosse stata avvertita il giorno prima”. Quanto all'allora prefetto Paola Galeone, Galdiero ha dichiarato di averla incontrata il 15 febbraio del 2016: “Di fronte all'emergenza, la sua idea era che fossero meglio quei centri che le tendopoli”.

Gli avvocati Pietro Farina e Vittorio Fucci, che difendono Di Donato, hanno cercato di incalzarla soprattutto in relazione alla situazione del Damasco 12 di Madonna della salute, nel quale, secondo Galdiero, “mancavano i bagni, l'acqua potabile veniva presa da un pozzo, per lavarsi si usava l'acqua che scendeva dalle grondaie”. Dopo aver sottolineato che la “Cgil aveva fornito agli stranieri l'assistenza, con il gratuito patrocinio, per il permesso di soggiorno”, i legali le hanno chiesto “se sapesse che Damasco 12 era dotato di una cisterna, se avesse verificato quale acqua da bere veniva fornita agli ospiti”, esibendo le fatture di acquisto di acqua minerale, e “quante docce per piano esistevano nella struttura”, lei ha replicato di aver “documentato con foto e video quanto visto”. Galdiero ha poi escluso che Di Donato l'avesse accusata di colpire lui per colpire il prefetto, salvo poi ammettere di non ricordare un messaggio, che le è stato mostrato, che Di Donato le aveva inviato con quel tipo di contenuto.

L'orologio segnava un quarto d'ora dopo mezzogiorno quando Galdiero si è alzata dalla sedia dei testimoni e si è riconsegnata ai colleghi che la stavano attendendo, anche all'ingresso del Tribunale. Udienza conclusa, la prossima il 3 novembre.