Lo hanno nuovamente sottoposto ai domiciliari su decisione del Riesame, confermata dalla Cassazione, che ha accolto l'appello del Pm. Già, perchè Ciro Petrone, un 37enne di origini napoletane, ma da tempo residente a Benevento, era tornato in libertà dopo qualche giorno dal momento in cui, nel settembre dello scorso anno, era finito agli arresti in casa dopo una perquisizione che aveva consentito alla guardia di finanza di sequestrare 22 piante di marijuana alte una sessantina di centimetri ed un capanno adibito a serra, in cui era stato allestito un sistema di riscaldamento ed essiccazione, dotato di lampade ad illuminazione, ventilatori e sistema di estrazione aria.
Nell'abitazione erano invece stati scovati, all'interno di alcuni mobili, contenitori in vetro con 2 chili di marijuana già essiccata. Quando Petrone, difeso dagli avvocati Antonio Leone e Sergio Marchitto, era comparso dinanzi al Gip per la convalida, aveva rivendicato l'uso personale della droga per motivi terapeutici, per i suoi problemi di salute. Aveva inoltre aggiunto che adopera la marijuana per farne un burro che abitualmente consuma.
Il giudice non aveva adottato alcuna misura cautelare nei suoi confronti per l'assenza di elementi in grado di suffragare l'ipotesi di spaccio, con una ordinanza impugnata dal Pm. Il Riesame ne ha accolto le motivazioni, ritenendo “sussistenti – si legge in una nota del Procuratore Aldo Policastro – i gravi indizi di colpevolezza in ordine alla condotta di coltivazione illecita di marijuana, ben organizzata, stabile e ragionevolmente destinata allo spaccio, non essendo compatibili le quantità sequestrate, i mezzi predisposti e le semenze rinvenute con un uso meramente personale sia pur terapeutico”.