La sua pericolosità sociale persiste, anche se attenuata dal trattamento al quale è sottoposto. E' la conclusione alla quale è giunto il dottore Teofilo Golia, che lo aveva già definito incapace di intendere e di volere al momento del fatto e non imputabile, ma capace di stare in giudizio, dopo la perizia psichiatrica che il gup Gelsomina Palmieri gli aveva affidato, solo per valutare, appunto, la pericolosità sociale, nel giudizio abbreviato – la discussione e la sentenza sono previste il 28 novembre- a carico di Teodoro Ialeggio,58 anni.
Si tratta dell'ingegnere di Airola arrestato il 10 aprile del 2020 dai carabinieri con l'accusa di tentato omicidio, a colpi di martello, della coniuge – M. R. R., sua coetanea-, all'epoca ricoverata in prognosi riservata al Rummo. Difeso dall'avvocato Paolo Abbate, Ialeggio era rimasto in carcere fino a luglio, quando, per le patologie psichiatriche di cui soffre, eùne era stata disposta la libertà vigilata in una struttura specializzata di Airola.
Come pià volte ricordato, il dramma, per fortuna sfiorato, si era verificato in un'abitazione di via Annunziata, riempita all'improvviso dalle urla della donna – parte civile con l'avvocato Ada De Marco-, gravemente ferita dal marito, che, riacquistata la lucidità, aveva poi cercato di togliersi la vita tagliandosi le vene dei polsi.
Durante la convalida dell'arresto, Ialeggio aveva domandato come stesse la coniuge che pensava, quando aveva chiamato i carabinieri, di aver ucciso per le martellate alla testa che le aveva inferto. Non ricordo ciò che ho fatto, so soltanto che non ce la facevo più, aveva sostenuto, raccontando la storia di una coppia affetta da depressione – per il 16 aprile era stata prenotata, e poi rinviata per l'emergenza sanitaria, una visita psichiatrica all'Asl- che, sentendosi abbandonata da tutti, dopo aver chiesto aiuto senza riceverlo, era arrivata al punto di non alimentarsi più con regolarità. Volevamo che venissero a prenderci a casa con la forza, ma non è accaduto, aveva continuato.
Una situazione familiare molto complicata, aggravata dalla decisione che la moglie avrebbe preso: non sottoporsi più alla chemioterapia ordinata dopo un'operazione, a gennaio, per la rimozione di una neoplasia. Voglio morire, avrebbe detto lei all'uomo che aveva sposato, precipitandolo in uno stato di profonda prostrazione, in una fragilità che all'improvviso era evidentemente esplosa.