Non luogo a procedere perchè il fatto non sussiste. Così il Gip di Siena per L. P. (avvocato Antonio Leone), 67 anni, di Cautano, ma da tempo in Toscana, del quale era stato chiesto il rinvio a giudizio per peculato.. L'accusa faceva riferimento alle somme che dal dicembre del 2017 all'ottobre del 2018 – in tutto circa 5mila euro – non avrebbe versato al Comune di Chianciano Terme come amministratore unico di tre società incaricate della gestione di due alberghi. Soldi incassati come tassa di soggiorno sborsata dagli ospiti delle strutture ricettive e non girati all'Ente.
Si tratta di una costola dell'inchiesta, più ampia, condotta dalla Dia di Firenze. Che nell'ottobre del 2020 era rimbalzata all'onore delle cronache. P. era finito agli arresti domiciliari- nel marzo dell'anno successivo era tornato in libertà con l'obbligo di firma – perchè ritenuto un membro di una presunta associazione, con il ruolo di prestanome di un imprenditore – per lui all'epoca era stato disposto il carcere- nella gestione di quattro società attraverso le quali sarebbe stata realizzata una consistente evasione fiscale. Inoltre, avrebbe assunto il controllo di quattro alberghi a Chianciano Terme. Un'immagine, quella di “fedelissimo trasferitosi nel 2017 in pianta stabile a Chianciano Terme, pronto persino a sacrificarsi per il suo capo”, che il sannita aveva respinto durante l'interrogatorio di garanzia, definendosi una vittima del suo datore di lavoro, un dipendente caduto in una ragnatela intessuta ai suoi danni senza che lui ne avesse consapevolezza
Aveva affermato di non aver mai finanziato l'imprenditore e di essere stato sempre all'oscuro, anche perchè privo, di qualsiasi potere decisionale, del disegno tratteggiato dall'accusa, aggiungendo, rispetto agli addebiti di intestazione fittizia di beni, peculato e false fatture, che tutte le manovre economiche sarebbero state compiute da P. e sempre a sua insaputa. Insomma, sarebbe stato usato come un fantoccio che doveva rispettare gli ordini ricevuti, senza incassare alcuna somma di denaro. P. aveva infatti evidenziato di essere creditore degli stipendi che non gli sarebbero stati corrisposti come lavoratore, e di non aver mai gestito in maniera diretta le attività di P., per il quale si sarebbe messo a disposizione solo per assicurare alla famiglia un'entrata.