Camera di commercio, assoluzione definitiva per Coppola e Ianniello

La Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi dell'Ente e della Confesercenti

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Benevento.  

Un anno fa la conferma dell'assoluzione in appello, ora la pronuncia della Cassazione, che ha dichiarato inammissibili, rendendo dunque definitiva la sentenza, i ricorsi della Camera di commercio e della Confesercenti contro Vincenzo Coppola (avvocati Sergio Rando e Giacomo Papa), segretario generale della Camera di commercio di Benevento, e Aldo Ianniello (avvocato Nazzareno Fiorenza), responsabile del settore Ragioneria, che il gup Gelsomina Palmieri, il 22 febbraio del 2019, aveva assolto dalle accuse di peculato ed abuso d'ufficio al termine di un rito abbreviato.

Una decisione ribadita in secondo grado, nell'aprile del 2021, con i giudici che avevano condannato al pagamento delle spese di giustizia Camera di Commercio e Confesercenti, rappresentate dagli avvocati Giuseppe Stellato ed Antonio Barbieri, che avevano adito la Suprema Corte, come detto senza alcun risultato.

Le tappe della storia sono note: Coppola e Ianniello sono due delle quattro persone tirate in ballo in un'indagine del sostituto procuratore Assunta Tillo e della Squadra mobile centrata sulle somme del fondo accessorio; su meno di 200mila euro che Coppola, anche dirigente dell'area anagrafe economica e di quelle economico-finanziaria e trasparenza, prevenzione ed anticorruzione, avrebbe percepito indebitamente dal 2011 al 2015. Nel mirino degli inquirenti era finito anche il ruolo che avrebbero assunto tre funzionari, nell'espletamento del loro lavoro, in relazione all'iter di cui avrebbe beneficiato Coppola.

Per i quattro indagati era stata chiesta una misura cautelare; la custodia in carcere (e il sequestro dei beni) per Coppola e Ianniello, gli arresti domiciliari per due funzionarie per le quali era scattata, successivamente, l'archiviazione. Nel novembre del 2016 il gip Loredana Camerlengo aveva detto no a qualsiasi provvedimento restrittivo, e altrettanto aveva fatto il Riesame, al quale il Pm si era rivolto. Tre anni fa l'assoluzione – l'accusa aveva proposto la condanna a 2 anni e 8 mesi – confermata in appello e, adeso, la parola fine sulla vicenda.