Ha risposto alle domande, fornendo la sua versione dei fatti al Gip di Napoli, collegato a distanza con il carcere di contrada Capodimonte, nel quale lui è rinchiuso da due giorni con l'accusa di tentata estorsione aggravata dal metodo camorristico, prospettata in una inchiesta della Dda e della Squadra mobile. Avrebbe cercato di imporre il pizzo ad un parrucchiere, sostenendo di agire in nome e per conto del clan Sparandeo.
Assistito dall'avvocato Claudio Fusco, Mirko Polese, 30 anni, di Benevento, già noto alle forze dell'ordine, ha precisato di non conoscere alcun membro della famiglia Sparandeo, giustificando la visita al salone con la condizione di estrema difficoltà economica nella quale si trova. Ha ammesso di aver raggiunto l'attività commerciale, ma ha aggiunto di non ricordare ciò che aveva detto.
Secondo gli inquirenti, la mattina del 9 ottobre del 2021 Polese si sarebbe presentato presso il salone ed avrebbe chiesto al titolare di parlargli in privato, anticipandogli di essere il portatore di una "imbasciata" da parte di terze persone, e che sarebbe ripassato nel pomeriggio. Quando, affermando essere lì per conto degli Sparandeo, avrebbe provato a costringerlo a pagare mensilmente una tangente, concludendo che, se non l'avesse fatto, sarebbe stato vittima di azioni ritorsive.
L'avvocato Fusco ha depositato documentazione medica risalente a giugno del 2021 in relazione allo stato di tossicodipendenza e alle patologie psichiatriche del giovane, per il quale ha proposto di valutare la possibilità di una consulenza psichiatrica.