"Violazioni edilizie", sequestrate zona fitness e corte dell'Hotel Villa Traiano

Decreto del gip Vinetti su richiesta del pm Tillo, quattro indagati

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Benevento.  

Hanno sequestrato a Benevento il quarto piano sopraelevato e la corte interna di circa 500 metri quadri dell'Hotel Villa Traiano, che resta funzionante, per presunte violazioni edilizie. Sono ipotizzate nel decreto preventivo adottato dal gip Pietro Vinetti su richiesta del sostituto procuratore Assunta Tillo, ed eseguito dalla guardia di finanza a carico di Alessandro e Leonardo Ciccopiedi – sono i figli dell'avvocato-imprenditore Giuseppe-, Bruno Fragnito e Cosimo Aquino, chiamati in causa a vario titolo perchè nel periodo di realizzazione delle opere (2017-2020) hanno avuto la titolarità e la gestione della struttura alberghiera.

Opere ritenute abusive perchè sarebbero state fatte – si legge in una nota del procuratore Aldo Policastro - “in assenza di legittimo permesso di costruire e in assenza delle prescritte autorizzazioni obbligatorie e vincolanti della Soprintendenza per i beni architettonici e per i beni archeologici”. Si tratta dell'epilogo cautelare di una inchiesta avviata dopo una segnalazione, nel marzo del 2020, del settore Urbanistica del Comune di Benevento.

Da qui l'acquisizione di documenti e delle deposizioni di funzionari di Palazzo Mosti: un lavoro che avrebbe consentito di centrare il mirino su una “sopraelevazione, sul terrazzo di copertura, di un nuovo volume con una estensione di circa 180 mq, destinata a SPA e zona fitness della struttura alberghiera, sprovvista di agibilità e abilità; e sulla chiusura della corte interna, estesa circa 500 mq, con pannelli scorrevoli in materiale plastico traslucido con altezza di irca m.7. e creazione di un nuovo volume edificativo a carattere permanente e duraturo”.

Entrambi “gli interventi abusivi ricadono in zona A2 (centro storico) del Piano Urbanistico Comunale e, in quanto tale, sottoposti al vincolo di zona (storico, architettonico, urbanistico e ambientale) ex art. 55 del capo 11 del PUC e al vincolo archeologico ex art. 57”.

Per risalire ai quattro indagati, difesi dagli avvocati Andrea e Matteo De Longis, le fiamme gialle hanno ricostruito “le complesse operazioni societarie che avevano interessato la società bulgara, attuale proprietaria dell’immobile per effetto della fusione transfrontaliera, per incorporazione di quella italiana (originaria proprietaria e riconducibile al medesimo nucleo familiare), risalente all’anno 2016”.

Della società bulgara, come si ricorderà, si era parlato già nel settembre del 2019, quando Giuseppe Ciccopiedi e i suoi familiari avevano subito una perquisizione ed il sequestro di documenti, telefonini e computer operato dalla guardia di finanza nell'ambito di una inchiesta, non ancora conclusa, che aveva ipotizzato gli addebiti di evasione fiscale e riciclaggio.

Il sequestro era però stato annullato dal Riesame, chiamato nuovamente a pronunciarsi dopo l'accoglimento del ricorso presentato dalla difesa alla Cassazione contro l'iniziale conferma dello stesso Riesame. Non può ritenersi “sussistente il fumus commissi delicti”, avevano scritto i giudici, ribadendo che “in primis nessun elemento risulta dedotto in ordine all'esistenza del riciclaggio”.

Quanto ai reati finanziari, “contestati cumulativamente a tutti gli imputati, non può non rappresentarsi come gli elementi rappresentati dalla pubblica accusa, pur significativi di un elevato tenore di vita, non consentano di andare al di là di un mero sospetto, non essendo possibile, in mancanza di ulteriori approfondimenti approfondimenti (quali, ad esempio, le movimentazioni bancarie), nemmeno ipotizzare la reale entità delle eventuale evasione e quindi il raggiungimento delle soglie di punibilità previste dalle norme”. Inoltre, “il quadro prospettato dall'accusa si appalesa estremamente incerto in ordine alla possibilità di individuare le specifiche condotte contestate a ciascun indagato”.