Mentre colpiva e uccideva il figlio quella donna sembrava un automa meccanizzato

Loredana Morelli, di Campolattaro, nel 2019 ha ammazzato Diego, 4 mesi

mentre colpiva e uccideva il figlio quella donna sembrava un automa meccanizzato

Conclusioni diverse per i consulenti della difesa: vizio totale di mente per uno, parziale per l'altro

Benevento.  

Entrambi consulenti della difesa, ma diverse le conclusioni alle quali sono pervenuti: il dottore Fernando Melchiorre ha ravvisato un parziale vizio di mente, che è invece totale, per le condizioni in cui si è verificato il fatto, per il collega Enrico Maria Troisi.

Sono comparsi questa mattina dinanzi alla Corte di assise nel processo a carico di Loredana Morelli (avvocati Matteo De Longis e Michele Maselli), 36 anni, di Campolattaro, sordomuta ed affetta da una forma psicopatologica, che il 15 settembre del 2019 aveva ucciso Diego, il figlioletto di 4 mesi.

Troisi, in particolare, ha spiegato di aver fondato le sue valutazioni anche e soprattutto sulle dichiarazioni dei vigili del fuoco che, intervenuti sul luogo della trageda, avevano descritto Loredana, vedendola colpire il piccolo, come un automa meccanizzato.

Oggi erano in programma anche la requisitoria del pm Maria Gabriella Di Lauro e l'intervento dell'avvocato Antonio Zobel, legale del compagno della donna e dei familiari, parti civili, ma sono slittati al 2 marzo quando, se sarà possibile, anche i difensori potranno svolgere le loro arringhe. Si avvicina dunque l'epilogo giudiziario di un dramma assurdo.

Il giorno in cui si era verificato, Loredana, che da mesi è ospite di una struttura per l'incompatibilità tra le sue condizioni e la detenzione in carcere, si era allontanata con Diego da Quadrelle, il centro irpino nel quale abitava, a bordo di una Opel Corsa.

Ossessionata dai sospetti, voleva raggiungere la sua famiglia a Campolattaro. Per non farsi fermare dai carabinieri, che la cercavano dopo la denuncia del convivente, aveva imboccato la Benevento -Caianello, giungendo all'altezza di Solopaca, dove la Corsa era finita contro la barriera. Era scesa, aveva preso tra le braccia il figlio, rimasto ferito, come dimostrerebbero le tracce di sangue sul seggiolino e nell'abitacolo, e l'aveva lanciato di sotto, certa che in quel punto scorresse il fiume.

Poi, intenzionata a farla finita, aveva fatto altrettanto, restando impigliata tra i rovi, come il bimbo. Lo aveva raggiunto e colpito alla testa con un pezzo di legno, ammazzandolo. Per un anno era rimasta chiusa in un silenzio che aveva rotto prima di essere spedita a giudizio. Quando, supportata da una esperta del linguaggio dei segni, aveva raccontato la sua sconvolgente versione, ammettendo di aver ucciso Diego.