La speranza è poter raccontare a chi verrà come abbiamo vissuto questi due anni sotto i colpi feroci di una pandemia. Se accadrà, vorrà dire che ce l'abbiamo fatta e che siamo stati più fortunati di coloro che il Covid si è portato via per sempre. Quante ne abbiamo viste e sentite in questi ventiquattro mesi, quante ne abbiamo dovute sopportare.
Smarriti, terribilmente impauriti, poi fiduciosi, abbiamo atteso pazientemente una via di uscita che tarda ancora ad arrivare. Costretti a sopportare le tantissime docce gelate che hanno spento ogni minima fiammella di ottimismo accesa nonostante i tragici numeri dei morti quotidiani. Storie di uomini e donne che non ci sono più, strappati all'amore dei loro cari.
Volti e nomi spesso conosciuti perchè legati a rapporti personali, un fardello di dolore che pesa su un'intera comunità. Se riusciremo a tirare avanti, potremo descrivere l'enorme confusione alimentata da un sistema informativo, soprattutto televisivo, che ha riempito i propri palinsesti con un vociare indistinto, quasi sempre scatenato dalla difesa di interessi partitici, con i cosiddetti talk show organizzati per mandare in onda la pubblicità già venduta, con la ripetizione ossessiva, dalla mattina alla sera, sempre degli stessi argomenti, alla disperata ricerca di un termine diverso usato da uno dei protagonisti del chiacchiericcio, sul quale montare la panna nelle ore e nei giorni successivi.
Un infernale meccanismo moltiplicativo al quale hanno purtroppo offerto il loro contributo anche tanti addetti ai lavori o sedicenti tali, che spesso non hanno trovato la forza per urlare che le risposte della scienza non sono, non possono essere quelle dei quiz, che uno studio in laboratorio si nutre di certezze solo quando sfocia nell'acquisizione, certificata, dei dati.
Il resto è uno spettacolino scritto e parlato che nell'ultimo periodo si è arricchito, a schermi uniti, del riferimento ad una cattiva comunicazione della classe politica e di governo, la stessa dalle cui labbra pendono tantissimi conduttori e giornalisti che per contratto devono parlarne male mentre ambiscono a farne parte o a ricevere ulteriori favori.
Cattiva comunicazione in un Paese che ha il 90% di vaccinati? Vabbè, meglio occuparsi d'altro e lasciare l'apparato informativo a testimoniare la sua incidenza, nulla o quasi, sulla gente, sui cittadini che, grazie al cielo, ragionano con la loro testa.